AI e giornalismo, quale futuro per le redazioni? Uno sguardo sul giornalismo agentico

I dati del webinar Assodigit: l’intelligenza artificiale è già realtà nell’82% delle testate, ma serve governance per proteggere la qualità del giornalismo dai prodotti standardizzati dell’AI

 

 

Che il giornalismo stia attraversando una fase di trasformazione epocale ormai lo abbiamo letto ovunque. L’introduzione massiva di ChatGPT et similia all’interno delle redazioni (per scrivere articoli, copy per i testi social, insomma tutto) è soprattutto caratterizzata da una velocità di adozione senza precedenti: basti pensare che nell’ultimo anno l’intelligenza artificiale generativa ha prodotto più contenuti di tutti i quotidiani italiani nella loro intera storia.

È quanto emerso durante il webinar “AI e Giornalismo – Innovazione, Etica e nuove Tecnologie”, organizzato da Assodigit in collaborazione con Press Plus, Anso e Dailymotion. Il webinar si è tradotto fin da subito in un momento di confronto che ha evidenziato come ormai l’AI sia una realtà consolidata, tanto che l’82% delle testate monitorate in una recente survey utilizza già quotidianamente questi strumenti. Ma è un male? No, non del tutto, almeno. 

L’idea, ovviamente, non è quella rimpiazzare i cronisti con l’intelligenza artificiale; però, e qui sta il senso ultimo di tutti gli interventi, queste tecnologie devono diventare davvero un copilota, un aiuto. Non di più: l’AI deve prendersi in carico le mansioni ripetitive e lasciare ai giornalisti ciò che conta davvero, come il tempo per andare sul campo e, soprattutto, per verificare le fonti. L’idea di fondo, condivisibilissima, è quella di relegare gli agenti AI a svolgitori di compiti noiosi e a basso valore, per lasciare ai giornalisti il tempo di scrivere.

Lo dico senza giri di parole: sono assolutamente d’accordo. Voglio avere tempo per formarmi, arricchirmi e crescere, diventare una professionista più consapevole. Preferisco scavare dentro un tema e poi raccontarlo con la mia voce, piuttosto che delegare tutto all’AI mentre mi “libera” solo per infilarmi nell’ennesima riunione o rincorrere la prossima scadenza.

 

 

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Certo, l’AI spalanca possibilità pazzesche, come il Data Crunching (che anche nel giornalismo è utilissimo!), ma porta con sé un bel carico di domande scomode, come quelle riguardanti i concetti di trasparenza e di autenticità. Ma, soprattutto, l’AI va si ricollega al tema della responsabilità.

Nel webinar si è parlato delle linee guida internazionali, dalla Carta di Parigi ai documenti dell’EBU, che, tradotte dal burocratese, ci dicono di non usare l’AI come scorciatoia per risparmiare tempo o fare contenuti più cheap; bensì, di usarla per alzare l’asticella del servizio pubblico. E, ancora, che bisogna potenziare l’oggettività dell’informazione e non utilizzare l’AI per tagliare i costi o abbassare la qualità.

Un ambito particolarmente impattato è quello del giornalismo video, dove si assiste a una divergenza tra contenuti lunghi e la frammentazione in pillole brevi per rispondere a una soglia di attenzione dell’utente sempre più ridotta. Qui l’AI supporta l’adattamento dei formati e la monetizzazione, che si sta spostando sempre più verso il pre-roll pubblicitario , mentre cresce il valore delle dirette live come garanzia di autenticità contro il rischio di manipolazioni. Un rischio collegato è senza dubbio quello del deepfake e, in generale, dei contenuti falsi realizzati con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. 

 

 

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Molto interessante è la prospettiva per il giornalismo locale, che potrebbe vivere una “nuova alba”: le testate di prossimità, forti della fiducia dei lettori e del presidio fisico del territorio, possono utilizzare l’AI per arricchire la cronaca locale con contesti globali, mantenendo però quella verifica diretta dei fatti che l’intelligenza artificiale, soggetta ad allucinazioni, non può garantire.

Nonostante l’alta penetrazione degli strumenti, emerge un gap formativo e organizzativo: solo il 25-30% delle realtà editoriali possiede una governance strutturata per l’AI, lasciando spesso l’utilizzo alla discrezione del singolo professionista senza una strategia redazionale integrata.

La sfida per il futuro immediato è quella, dunque, di formare i giornalisti a un uso consapevole degli strumenti, il cosiddetto giornalismo agentico, per governare l’algoritmo anziché subirlo, garantendo che la responsabilità editoriale rimanga saldamente nelle mani dell’uomo.

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