Robert Francis Prevost, il nuovo Papa Leone XIV, si colloca sul solco del suo precedessore Jorge Bergoglio rispetto all’analisi degli effetti dell’intelligenza artificiale sulla società
Nel Bollettino ufficiale della Santa Sede che è stato diffuso dopo il G7 tenutosi la scorsa estate nella masseria di Borgo Egnazia, a Fasano, in Puglia, summit cui aveva partecipato anche Papa Francesco, si legge che “non possiamo dubitare che l’avvento dell’intelligenza artificiale rappresenti una vera e propria rivoluzione cognitivo-industriale, che contribuirà alla creazione di un nuovo sistema sociale caratterizzato da complesse trasformazioni epocali“.
In quella nota stampa consegnata ai cronisti di tutto il mondo, si apprende in chiaroscuro la posizione della Chiesa al tempo del governo di Papa Francesco, e in relazione alla più dirompente delle innovazioni del nuovo millennio. “La scienza e la tecnologia sono prodotti straordinari del potenziale creativo degli esseri umani, ed è da proprio dall’utilizzo di questo potenziale creativo che Dio ci ha donato che viene alla luce l’intelligenza artificiale“, si legge ancora in quello che è un vero e proprio manifesto della Chiesa Cattolica sul tema.
È una posizione aperta e possibilista, e lo anche quella che è contenuta nel messaggio consegnato dal Pontefice l’anno prima in occasione della 57esima Giornata Mondiale della Pace, che si sostanzia nel riconoscimento dell’intelligenza artificiale come strumento estremamente potente, impiegato in tantissime aree dell’agire umano: dalla medicina al mondo del lavoro, dalla cultura all’ambito della comunicazione, dall’educazione alla politica.
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Negli ultimi anni la Chiesa bergogliana ha sottolineato anche i caratteri ambivalenti dell‘AI, intesi qui, da un lato come strumenti potenziali di democratizzazione dell’accesso al sapere e di progresso esponenziale della Ricerca scientifica, dall’altro come rischi di aumento delle ingiustizie tra nazioni avanzate e nazioni in via di sviluppo, tra ceti sociali dominanti e ceti sociali oppressi; lanciando così anche l’allarme sulla fine della possibilità di una “cultura dell’incontro” a vantaggio di una “cultura dello scarto”.
Il nuovo Vescovo di Roma salito al soglio di Pietro appena una settimana fa, Robert Francis Prevost, Papa Leone XIV per le gerarchie, nel primo incontro con i prelati ha affermato che “la nuova questione sociale è l’intelligenza artificiale“. E poi ha fatto riferimento al fatto che essa non si declina semplicemente dentro i paradigmi della produzione e del consumo, ma diviene il modello e la sintassi dell’odierna questione sociale. Detta in altri termini: secondo il Papa oggi la Chiesa dovrà offire a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale. Si tratta “di nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro”, ha ribadito il nuovo Pontefice, incontrando per due ore i cardinali nell’Aula nuova del Sinodo.
Ponendosi sul solco del suo predecessore Francesco, che aveva sottolineato l’importanza della rivoluzione tecnologica, come detto all’inizio, Leone XIV ha stupito gli osservatori, e non solo quelli delle alte gerarchie ecclesiastiche. Quello che appare certo è il richiamo forte, già nella scelta del nome, Leone, “a quella Rerum Novarum cui si deve l’ibridazione della dottrina e della teologia con l’universo reale, con la rude razza pagana”, come ha osservato Vincenzo De Vita. Corsi e ricorsi storici, dunque.
La dottrina sociale di Leone XIII al servizio della seconda rivoluzione industriale, quella contemporanea propugnata da Leone XIV, invece, che si innesta nel dibattito su AI e dintorni.
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Si registra, in tutti i casi, un’attenzione particolare, da parte del Vaticano, sulla transizione in atto nel mondo, sia dal punto geopolitico, che tecnologico. Ne costituisce prova l’adesione della rivista Civiltà Cattolica alla stesura della Carta di Assisi promossa dall’associazione Articolo21, che affronta la questione dell’AI dal punto di vista della correttezza e della trasparenza delle informazioni. Non soltanto.
Occorre citare, in questo senso, l’impegno del docente della Pontificia Università Gregoriana, Paolo Benanti. il quale da qualche anno è uno degli esperti selezionati dal Ministero dello Sviluppo Economico (oggi Made in Italy) con il compito di elaborare la strategia nazionale sull’intelligenza artificiale e in materia di tecnologie basate su registri condivisi e blockchain.
Infine, non può mancare il riferimento alla nota “Antiqua e Nova“ pubblicata all’inizio di quest’anno dal Dicastero per la Dottrina della Fede sul rapporto tra intelligenza umana e artificiale, in cui si sottolinea come quest’ultima sia una straordinaria conquista, anche se limitata a compiti computazionali basati su aspetti quantitativi, mentre l’intelligenza umana fornisce uno scopo alla vita. Come dire che il dibattito sulla AI nella Chiesa Cattolica è in corso, tra apertura e chiusura.
Gaetano De Monte
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