L’indagine del Censis: “Quasi il 10% degli italiani usa l’intelligenza artificiale per generare testi e immagini”
Tra il 2019 e il 2023, come dimostrano i dati Istat relativi alla diffusione di Internet e degli smarthpone, c’è stata la definitiva affermazione del paradigma biomediatico in tutti gli strati della società italiana. Per “era biomediatica” si intende quella in cui conta innanzitutto condividere la propria vita online. Si pensi al fatto che ormai i tre quarti delle persone anziane hanno familiarità con strumenti connessi in rete, così come i quattro quinti dei soggetti meno istruiti.
Tuttavia, nell’ultimo anno considerato (il 2023), secondo la fotografia scattata dal rapporto Censis presentato lo scorso 6 dicembre, la fruizione della televisione rimane pressoché stabile, con un dato di utenza pari al 95%, ma con un forte rialzo della tv via Internet (web e smart tv raggiungono più della metà degli italiani) e un vero e proprio balzo della mobile tv, che viene usata dal 33% degli italiani.
Non solo. Anche la radio, secondo il maggiore istituto di Ricerca economico-sociale italiano, il Censis, appunto, mantiene complessivamente la sua utenza grazie ai processi di ibridazione dei diversi settori, analogici e digitali.
I radioascoltatori sono il 78,9% degli italiani, ma, mentre la radio ascoltata in casa subisce un piccolo calo, l’autoradio raggiunge il 69,1%, ritornando ai livelli antecendenti alla pandemia. A questi dati va aggiunto che, a usufruire dei podcast online, sono il 10% degli italiani.
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I dati che registrano una flessione profonda, tra i consumi massmediatici degli italiani, sono quelli relativi agli strumenti di carta. Per i media a stampa, infatti, si accentua una crisi ormai storica, a cominciare dai quotidiani cartacei venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67% degli italiani, e che oggi sono letti dal 22%. Ma anche gli utenti dei quotidiani online sono diminuiti, mentre sono stabili gli utenti dei siti web di informazione generica.
Non si ferma neppure l’emorragia di lettori dei libri: gli italiani che li leggono, infatti, sono il 13% in meno di quelli di 17 anni fa. E ancora, riferendosi all’uso massiccio dei social da parte dei giovani tra i 14 e i 29 anni, il Censis rileva che “esiste un vero e proprio corto circuito smartphone-Internet-Social Network che tendenzialmente può innescare nei fruitori reazioni impulsive, con un meccanismo immediato di stimolo-risposta, che, se da una parte favoriscono una suggestione di onnipotenza, dall’altra con la stessa velocità cadono nel vuoto, producendo frustrazione, rassegnazione, risentimento, odio”. Oltre alla diffusione della comunicazione visuale (Instagram e TikTok), il rapporto evidenzia che l’83% delle persone che utilizzano lo smartphone si informa attraverso questi strumenti.
Sotto la lente di ingrandimento degli analisti sono finiti anche i consumi relativi all’intelligenza artificiale. Il Censis informa che i software generatori di immagini sono usati dall’8,4% della popolazione. Invece i generatori di testi – ChatGPT e simili – vengono utilizzati dall’8,2% degli italiani.
Ma, mentre quasi un italiano su 10 utilizza queste tecnologie, il 69% ne teme gli effetti, pensando che l’avvento dell’intelligenza artificiale segnerà la fine dell’empatia umana, insieme alla preoccupazione che possa far aumentare le disuguaglianze tra ricchi e poveri.
Lo stesso istituto di Ricerca, infine, lancia l’allarme, ponendosi alcune domande: “Cosa succederebbe se l’archivio di dati online fosse contaminato da informazioni errate, inattendibili o intenzionalmente manipolate?“. E, poi, ancora: ” Se fosse pieno di asserzioni fondate su pregiudizi, stereotipi e storture etiche, queste verrebbero rilanciate dal chatbot di turno, perentoriamente, nei testi generati?”. Ai posteri le ardue risposte.
Gaetano De Monte
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