I microfossili che hanno spalancato una nuova finestra sul mondo
I Conodontofori sono stati considerati fino a tempi abbastanza recenti uno dei grandi misteri della Paleontologia. Vissuti dal Paleozoico al Triassico, questi animali sembravano aver lasciato un’unica, enigmatica, traccia della loro esistenza: i fossili di strani denti. Decine di migliaia di minuscoli elementi dentati, incredibilmente numerosi in tutto il mondo e osservabili nel dettaglio solo al microscopio. Il resto del corpo? Svanito nel nulla.
Ai soli elementi in nostro possesso è stato dato un nome parlante: Conodonti, che significa “denti a cono”; poiché conica è la loro forma. Dal 1856 a metà degli anni ’80 del secolo scorso tali minuscoli denti sono stati raccolti e isolati; l’unica prova tangibile di quello che doveva essere stato un organismo marino ormai estinto, il Conodontoforo (“portatore di denti a cono”). Dell’animale, nessuna traccia.
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Nel 1983 la svolta: in Scozia viene scoperto un esemplare completo. Un animale di quattro centimetri, con corpo vermiforme, testa bulbosa e occhi sporgenti. Il secondo viene trovato in Sudafrica e misura 40 cm. Entrambi sono parenti dei vertebrati e molto affini ai pesci. Il puzzle stava, finalmente, per essere risolto.
Ben pochi studiosi avevano sospettato simile affinità filogenetica con i vertebrati, uomo compreso. Eppure, avevano ragione. Attualmente i Conodontofori sono considerati vertebrati molto primitivi e sono una risorsa preziosa!
Possono venire utilizzati come fossili guida nelle analisi biostratigrafiche, come indice della storia termica delle formazioni rocciose (tramite il Conodont Alteration Index, CAI), e dunque come guida per le trivellazioni e gli studi geofisici….
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Eleonora Medica