Una 16enne, residente nel Regno Unito, è stata molestata sessualmente nel Metaverso. Alla violenza virtuale è seguita una denuncia reale, che ha portato la polizia ad aprire la prima inchiesta a riguardo
Per la prima volta la polizia britannica ha aperto un’indagine su uno stupro virtuale di gruppo, dopo che l’avatar di una ragazza è stato circondato e abusato da altri avatar maschili nel Metaverso. La vittima, una ragazza 16enne, indossava un visore per accedere alla realtà aumentata quando è stata accerchiata da un gruppo di utenti durante una sessione di gioco.
La qualità immersiva dell’esperienza rende difficile, soprattutto per i più giovani, distinguere il reale dalla simulazione. Infatti, sebbene non abbia subito danni tangibili, fonti della polizia britannica sottolineano che la ragazza potrebbe affrontare un trauma psicologico simile a quello che vivono le donne vittime di violenza fisica.
L’episodio ricorda da vicino quello che, poco più di due anni fa, ha visto coinvolta Nina Jane Patel, Presidente di Kabuni, società londinese specializzata nello sviluppo di esperienze virtuali.
A dicembre del 2021, in un lungo post su Medium, Patel aveva denunciato gli abusi subiti da parte di un gruppo di avatar maschili all’interno della piattaforma Horizon Venues di Meta mentre stava conducendo uno studio sull’impatto delle esperienze digitali immersive sui più giovani. “L’attacco, un minuto dopo essere entrata in Horizon, mi ha colto di sorpresa, terrorizzata, paralizzata” – scriveva la ricercatrice. E aggiungeva: “Non sono riuscita a mettere in atto nemmeno la barriera di sicurezza. È stato un vero incubo”.
Con l’aumento della popolarità di ambienti virtuali, ad oggi perlopiù associati al mondo del gaming – ricordiamo anche Mesh di Microsoft, Decentraland, OverTheReality, The Sandbox, Roblox e Minecraft – crescono il numero degli utenti e, inevitabilmente, il rischio che si verifichino episodi di criminalità digitale.
Si rende, quindi, sempre più necessaria la formulazione di un quadro legislativo che contempli sanzioni specifiche per i crimini che hanno luogo nel mondo virtuale.
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La necessità di un nuovo quadro legislativo
L’eco mediatica attorno al caso della 16enne ha reso evidente la mancanza di un quadro legislativo che punisca i responsabili di abusi virtuali e ne tuteli le vittime.
A onor del vero, nel 2023 il Parlamento britannico ha approvato una legge sulla sicurezza online. Tuttavia, stando al parere degli esperti questa legge non coprirebbe i rischi che insidiano la tecnologia immersiva né sarebbe adatta ad affrontare le sfide che ci vedranno coinvolti nel prossimo futuro.
Gli abusi sessuali ai danni della 16enne hanno sollevato diversi interrogativi legati ai crimini virtuali. Intanto non è scontato che si riesca a identificare i colpevoli dei crimini attraverso i loro indirizzi IP. Se anche ci si riuscisse, con quali prove gli inquirenti potrebbero incriminarli? Ad oggi, è possibile perseguire penalmente un abuso, anche se avvenuto in assenza di contatto fisico?
Ad aprire nuove questioni – legali, ma anche etiche – non sono solo gli stupri virtuali ma, ad esempio, la potenziale creazione di immagini di minori attraverso l’AI generativa.
L’Institution of Engineering and Technology di Londra ha stimato che la prossima generazione di bambini trascorrerà nella realtà virtuale almeno 10 anni della propria vita.
“Il Metaverso ha creato una porta d’accesso per i predatori che possono commettere crimini orribili contro i bambini“, ha osservato Ian Critchley, responsabile della sezione Child Protection & Abuse Investigations del National Police Chiefs’ Council, in un intervento alla BBC. Critchley ha anche aggiunto: “Occorre che le aziende tecnologiche facciano molto di più per rendere le piattaforme virtuali dei luoghi sicuri”.
Il comunicato di Meta
Anche se non è ancora stato reso noto a cosa stesse giocando la ragazza vittima di abusi, Meta ha rilasciato un comunicato dopo la denuncia per spiegare di aver messo in campo da tempo tutele a difesa degli utenti di Horizon da eventuali abusi.
“Il tipo di comportamento descritto non trova posto sulla nostra piattaforma; – si legge nel comunicato della società – infatti, tutti gli utenti dispongono di un sistema di protezione automatica chiamata confine personale, che tiene gli sconosciuti a qualche metro di distanza dal proprio avatar”.
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I commenti scettici
Una violenza sessuale virtuale è senz’altro difficile da immaginare.
Molti utenti sui social si sono chiesti se, nel caso della 16enne, si possa effettivamente parlare di stupro, spingendosi a scrivere che sarebbe bastato disconnettersi per risolvere il problema.
“Possiamo concentrarci sui crimini della vita reale?”, si legge tra i commenti. E c’è anche chi ha ironizzato sull’episodio, paragonando la violenza subita dalla ragazza alle proprie partite a Call of Duty: “Nel videogioco sono stato ucciso. Ora aspetto che il mio assassino venga assicurato alla giustizia”.
Sulla vicenda è intervenuto, tra gli altri, il Ministro dell’Interno britannico, James Cleverly:
“È facile liquidare questo incidente come se non fosse reale, ma la caratteristica predominante di questi spazi virtuali è proprio quella di risultare incredibilmente realistici e coinvolgenti“.