Dal lavoro rigenerativo al rapporto tra uomo e AI: il pensiero evolutivo di Stelio Verzera
Cosa accadrebbe se il lavoro smettesse di logorarci e diventasse un fattore di crescita per persone, territori, culture?
La Beautiful Work Week 2025, in programma dall’11 al 14 novembre, negli spazi di Parco Center a Milano, nasce per esplorare a fondo questa domanda. E per farlo sceglie un approccio pratico: workshop, giochi, sperimentazioni e confronti con chi sta già trasformando le organizzazioni dall’interno.
Ne ho parlato con Stelio Verzera, Co-Founder di Cocoon Pro, azienda di ultima generazione che, dal 2011, si dedica ad abilitare un’evoluzione sana del concetto di lavoro a livello globale. Il suo sguardo sull’ecosistema lavorativo è limpido:
“Bisogna smettere di considerare persone e aziende come ingranaggi o, al più, come un insieme di processi produttivi […]. Una parte importante del lavorare, nonché del vivere, è quella relazionale. Il lavoro è fatto di relazioni non lineari e interconnesse. Il lavoro rigenerativo prende coscienza degli effetti che abbiamo sui sistemi che tocchiamo, sulle altre persone, sulle loro famiglie, sul territorio in cui siamo presenti, sulle organizzazioni con cui interagiamo. E, in secondo luogo, si concentra sul cercare di lasciare i sistemi che tocchiamo un po’ meglio di come li abbiamo trovati”.
La logica industriale ci ha abituati a misurare il lavoro in ore e produttività. Un vecchio frame, utile in parte, ma oggi incompleto. Il lavoro rigenerativo – tema su cui Verzera lavora da più di 10 anni – cambia la metrica e sposta la conversazione sul lavoro dalla logica della produttività a quella della rigenerazione.
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L’AI protagonista della Beautiful Work Week 2025
Quest’anno la Beautiful Work Week approfondisce in modo trasversale il rapporto tra esseri umani e intelligenza artificiale. Dai giochi che la mettono in campo come compagna di squadra ai workshop che esplorano come l’intelligenza artificiale può influenzare cultura, talenti e performance, l’AI attraversa tutte le giornate della manifestazione, a dimostrazione della sua centralità nel dibattito pubblico, specie quando si parla di lavoro.
Ma qual è la relazione che dobbiamo costruire con l’AI per far sì che diventi un agente rigenerativo, capace di ampliare le possibilità umane invece di sostituirle? Su questo punto Verzera ci invita a ribaltare le domande più comuni:
“Non dovremmo chiederci solo quanto tempo ci fa risparmiare l’intelligenza artificiale o se ci ruberà il lavoro, ma porci domande rigenerative. Ad esempio, in che modo i cambiamenti ingenerati dall’AI possono migliorare la relazione che ho con la mia vita, con l’ecosistema di cui faccio parte, con la società in cui vivo e con il mio lavoro? Come possono potenziare il motivo per cui lavoro, che non dovrebbe essere soltanto avere uno stipendio alla fine del mese?”.
La tecnologia, ricorda Verzera, è sempre un’estensione di ciò che siamo. Se superiamo le vecchie metriche e ci muoviamo in un paradigma rigenerativo, l’AI può diventare una nostra alleata.
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Cocoon Pro oggi si interessa a come l’AI cambia non soltanto l’output di un team, ma la sua dimensione sociale: la percezione del merito, la responsabilità, i ritmi, la sicurezza psicologica. E, sorprendentemente, l’introduzione dell’AI rende più urgenti alcune domande umanissime: perché lavoriamo? Come abitiamo l’incertezza?
Cocoon Pro è stata tra le prime realtà europee a sperimentare strutture prive di gerarchie fisse. Un modello complesso, tutt’altro che facile. “La vita è dura – scherza Verzera – ma davvero è quello che abbiamo imparato. I sistemi complessi hanno la caratteristica di non essere lineari, nel bene e nel male” e richiedono abilità nuove, che vanno dall’intelligenza emotiva fino alla capacità di entrare nel proprio ambiente di lavoro con tutta la propria umanità.
“Una cosa che nel secolo scorso era addirittura sconveniente: le emozioni, le debolezze, le caratteristiche… si cercava di uniformarsi perché, in quanto ingranaggi si doveva essere prevedibili. E, invece, arrivare al lavoro con tutta la propria fragilità, le proprie capacità, i propri bellissimi difetti e capirsi in un team sui punti di forza e di debolezza, in modo da leggere come la realtà si svolge, crea un lavoro veramente rigenerativo. Si cresce, si è più soddisfatti, si diventa persone migliori, ma costa molta più fatica”.
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Il futuro è vicino, ma è tutt’altro che prevedibile. La convergenza tra AI, microrobotica, nuove tecnologie energetiche e mediche cambierà tutto in tempi rapidissimi. Ciò che conta, secondo Verzera, è il paradigma con cui attraverseremo la transizione. “Siamo interconnessi, siamo fortemente interdipendenti. Se questo diventa mainstream, se nessuno potrà più pensare di potersi fare i fatti propri senza che questo abbia un effetto che va molti ordini di grandezza in là rispetto a ciò che aveva immaginato essere il proprio confine, allora il modo in cui useremo tutte queste tecnologie sarà bello, sarà rigenerativo”.
La sfida sta qui: ritrovarsi alla Beautiful Work Week 2030 avendo usato la tecnologia con saggezza, con attenzione al mondo relazionale.
Nel frattempo, perché andare alla Beautiful Work Week 2025? Per vedere cosa accade quando la teoria incontra la pratica. Gli incontri non sono lezioni frontali: sono storie reali ed esperimenti guidati da chi già opera all’interno di questo nuovo paradigma. Un laboratorio aperto sul futuro del mondo del lavoro, che in buona parte è già qui.
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