Con l’aiuto dell’Intelligenza Artificiale, un team di ricerca della School of Mathematics dell’Università di Cardiff ha catalogato e analizzato le radiazioni acustiche generate da 200 terremoti. L’obiettivo? Capire come le onde degli tsunami si propagano e favorire l’evacuazione tempestiva delle aree costiere
Ci sono pochi disastri naturali che hanno un impatto sull’immaginario collettivo più forte degli tsunami.
Tutti ricordiamo, ad esempio, il maremoto che, il 26 dicembre del 2004, devastò il Sud-Est Asiatico causando circa 250mila morti, oppure quello del marzo 2011 che mise in ginocchio il Giappone provocando oltre 15mila vittime e dando il la al disastro nucleare di Fukushima.
Proprio come risposta a queste due immani calamità, negli ultimi 20 anni, il sistema di monitoraggio e allerta dei maremoti ha compiuto passi da gigante.
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Sistema che oggi si arricchisce di un tassello in più grazie al lavoro di un team di ricerca della School of Mathematics dell’Università di Cardiff, nel Regno Unito, che ha combinato tecnologie acustiche all’avanguardia, Big Data e intelligenza artificiale per monitorare l’attività tettonica in tempo reale.
I ricercatori, infatti, hanno utilizzato registrazioni sonore catturate da microfoni subacquei, chiamati idrofoni, per misurare le radiazioni acustiche generate da 200 terremoti avvenuti nel Pacifico e nell’Oceano Indiano. Parliamo di onde sonore che si propagano lungo il fondale oceanico per migliaia di chilometri.
Tali informazioni vengono poi analizzate e classificate dall’AI che è in grado di comprendere tipo di slittamento e magnitudo del terremoto oltre a lunghezza e larghezza delle onde sismiche, velocità di sollevamento e durata.
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Un meccanismo che, in combinazione al tradizionale monitoraggio attraverso le boe marine, aiuterà a inquadrare l’entità dello tsunami in arrivo facilitando l’allerta e l’evacuazione nelle zone a rischio.
“Gli tsunami possono essere eventi altamente distruttivi che causano enormi perdite di vite umane e devastazioni lungo le aree costiere”, ha affermato Usama Kadri, Senior Lecturer in Applied Mathematics all’Università di Cardiff e co-autore dello studio.
“La ricerca dimostra come il monitoraggio delle onde sonore di profondità, che viaggiano attraverso l’acqua molto più velocemente delle onde dello tsunami, consente di ottenere informazioni rapide e affidabili sulle dimensioni e sulla scala dei maremoti. In questo modo le autorità avranno più tempo a disposizione per evacuare le aree prima che vengano colpite”.
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Curiosamente, lo stesso Kadri, già nel 2017, aveva proposto di realizzare “cannoni anti-tsunami” che utilizzassero onde sonore di profondità per indebolire e dissipare quelle dei maremoti. Il problema è che occorrerebbe un’enorme quantità di energia per generare onde di gravità acustica così potenti, vaste e sincronizzate.
Non esiste ancora un metodo per bloccare gli tsunami sul nascere. Dalla costruzione di enormi muraglioni sulle coste alla realizzazione di isole e barriere coralline artificiali, passando per la piantumazione di foreste lungo le spiagge, al giorno d’oggi è solo possibile ridurre l’impatto di questi enormi cataclismi.
Non resta che confidare, dunque, sui progressi della tecnologia e su sistemi di allarme predittivi sempre più sofisticati per fare in modo che scene come quelle di Sumatra, Bali e Fukushima non si ripetano più.