Grazie alla Paleobionica, un nuovo campo di studio che unisce Paleontologia e Robotica, gli scienziati puntano a svelare i segreti dell’evoluzione ridando forma (e movimento) a organismi viventi scomparsi milioni di anni fa
Appassionati di Paleontologia, questa notizia è dedicata a voi.
Poche settimane fa, un team di ricercatori del Dipartimento di Ingegneria Meccanica della Carnegie Mellon University, in Pennsylvania, negli USA, in collaborazione con paleontologi spagnoli e polacchi, ha creato una replica robotica di un animale estinto da 450 milioni di anni, il pleurocystitid.
Il protagonista (originale) della nostra storia era un organismo marino, simile a un verme e lungo pochi centimetri, che popolava, centinaia di milioni di anni fa, il fondale marino. Si ritiene che sia stato uno dei primi echinodermi – gruppo di animali marini caratterizzati da uno scheletro formato da placche calcaree spinose come le stelle marine – a sviluppare la capacità di muoversi utilizzando uno stelo muscolare.
In che modo è stato “riportato in vita”? Utilizzando la Softbotica, un campo della Robotica che impiega componenti elettronici flessibili e materiali morbidi. Lo scopo è chiaro: studiare i meccanismi che hanno determinato l’evoluzione delle specie, analizzando organismi estinti che non potrebbero essere osservati con i metodi tradizionali.
“La softbotica ci offre un nuovo approccio scientifico”, spiega Carmel Majidi, principale autore della ricerca pubblicata sul Proceedings of the National Academy of Science e docente di Ingegneria Meccanica alla Carnegie Mellon University. “Costruendo robot analoghi, potremo osservare come i movimenti degli organismi siano mutati con l’evoluzione e ottenere informazioni preziose non ricavabili dallo studio degli animali odierni“.
Gli fa eco Phil LeDuc, co-autore dello studio e a sua volta docente di Ingegneria Meccanica della Carnegie Mellon University: “Portare in vita qualcosa che esisteva 500 milioni di anni fa è entusiasmante, ma ciò che più importa è il potenziale che questa Ricerca ha nell’aiutarci a comprendere meglio la vita”.
La nuova disciplina scientifica derivante da un mix di Paleontologia e di Robotica, la Paleobionica, promette, infatti, di ampliare la nostra prospettiva sull’evoluzione.
Considerando che, come specie, siamo presenti sulla Terra da appena lo 0,007% della sua Storia, viene sé che il regno animale con cui siamo entrati in contatto rappresenti una porzione estremamente limitata della diversità di forme di vita esistite nel corso di milioni di anni.
Studiando organismi estinti come i pleurocistidi, potremo comprendere non solo le strategie di movimento e adattamento che ci hanno condotto fin qui, ma trarre anche spunto per innovazioni tecnologiche in campi come la Robotica, la Biomedicina e l’Ingegneria dei materiali.
Il prossimo passo sarà quindi applicare la Paleobionica ad altri organismi estinti, come il mitologico primo vertebrato che lasciò il mare per colonizzare la terraferma (per la cronaca, un pesce vissuto circa 375 milioni di anni fa chiamato Tiktaalik).
Senza considerare la prospettiva di far rinascere, sotto forma di robot sempre più sofisticati e realistici, specie che si sono ritagliate un posto nell’immaginario collettivo come i dinosauri.
Certo non sarà come averli in carne e ossa, ma… diamo tempo al tempo.
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