Così due ricerche internazionali interpretano emozioni e sensazioni della popolazione rispetto all’intelligenza artificiale e ai cambiamenti che apporterà nel mondo del lavoro
“An assessment of occupational exposure to artificial intelligence in Italy“, è il titolo di uno studio che quattro economisti – Antonio Dalla Zuanna, Davide Dottori, Elena Gentili e Salvatore Lattanzio – hanno pubblicato qualche giorno fa per l’ufficio studi di Bankitalia. Nella ricerca è stato esaminato l’impatto che l’intelligenza artificiale avrà sul mondo del lavoro nei prossimi anni. E sono state riportate alcune peculiarità di fondo, sebbene le evidenze derivanti dalla letteratura esistente, in verità, non sempre forniscano un quadro esaustivo e coerente, a causa delle diverse metodologie, impostazioni e dati utilizzati.
Nello studio si legge che, a differenza della precedente ondata di automazione dei processi produttivi che aveva colpito soprattutto gli operai, è più probabile oggi che l’intelligenza artificiale interessi da vicino gli impiegati. Di conseguenza, mentre l’impatto diretto delle tecnologie precedenti interessava soprattutto i lavoratori poco qualificati, l’esposizione all’AI ora risulta maggiore per i lavoratori con competenze medio-alte e maggiormente istruiti, ma con competenze meno specifiche. Il rischio di sostituzione, in questo senso, sembra essere più elevato per le occupazioni che richiedono procedure specializzate, ma standard.
Più in generale, dall’indagine della Banca d’Italia emerge che la misura dell’esposizione varierà in base a quanto i vari di tipi di occupazione sapranno integrarsi con l’intelligenza artificiale, ma anche in relazione al framework, alla cornice normativa di riferimento che stabiliranno le diverse istituzioni.
Così come lo stesso impatto finale dell’AI sulle disuguaglianze sarà in parte determinato dal contesto istituzionale e in parte dalle capacità dei lavoratori, impiegati in occupazioni poco o negativamente influenzate, di trarne o meno vantaggio. Secondo la ricerca di Bankitalia, quindi, l’impatto dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro dipenderà da una pluralità di fattori, con molte variabili.
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Sia come sia, in diversi paesi al mondo, tra cui l’Italia, emerge come vi sia una forte e diffusa richiesta di un uso etico dell’AI. A rivelarlo sono i risultati di una ricerca internazionale che ha voluto indagare il sentiment rispetto alla rivoluzione dell’intelligenza artificiale applicata al mondo del lavoro.
Lo studio è stato realizzato dal Gruppo TESYA, “leader nella fornitura di servizi avanzati e soluzioni integrate B2B altamente personalizzate per diversi settori, dalle Costruzioni alla Logistica”, in collaborazione con AstraRicerche. E si apre con un auspicio degli intervistati: che l’impiego massiccio della tecnologia possa portare a una maggiore sicurezza sul lavoro e un conseguente equilibrio tra vita privata e professionale.
È il 44% del campione intervistato a sperare che “le ore libere derivanti dall’uso dell’AI verranno destinate alla vita privata dei lavoratori”. Il restante 55% ritiene, invece, che saranno le aziende a decidere se destinare le ore libere alla vita privata dei lavoratori. Inoltre, quasi il 60% degli intervistati crede che l’intelligenza artificiale sarà in grado di prevenire rischi, fermare operazioni pericolose, salvaguardare la salute degli operai, dato che, si presume, renderà più sicuro lo svolgimento di alcune attività manuali.
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È un mondo del lavoro che è spaccato a metà nel giudizio, dunque: è una tecnologia divisiva l’intelligenza artificiale che, però, incuriosisce e interessa più del 50% degli italiani, e solo un italiano su tre crede che l’AI causerà dei danni.
“I risultati evidenziano che ci troviamo in una fase di transizione cruciale”, dice Cosimo Finzi, direttore di AstraRicerche, commentando i risultati delle ricerche. Infatti, prosegue: “da un lato emergono le percezioni positive, con particolare enfasi sui miglioramenti nei livelli di Innovazione e di servizio e le opportunità di risparmio economico e di tempo-lavoro; dall’altro lato, però, non mancano sentimenti di timore e percezione di rischio, soprattutto in ambito professionale”. Poi conclude: “questi sentimenti sono del tutto comprensibili e devono essere accolti e ascoltati. La Storia ci insegna che ogni grande rivoluzione tecnologica porta con sé un mix di entusiasmo e apprensione. L’AI non fa eccezione“.
Gli fa eco Lino Tedeschi, Presidente e CEO del Gruppo TESYA, che afferma: “Siamo convinti che l’intelligenza artificiale deve essere impiegata con Etica, ‘intelligenza’ e coscienza, e che l’adozione delle nuove tecnologie dovrà non solo migliorare l’efficienza operativa, ma anche promuovere e rafforzare la sicurezza sul posto di lavoro. E conclude: “Le innovazioni digitali promosse da CGT, ad esempio, hanno significativamente migliorato e continueranno a migliorare la sicurezza degli operatori in cantiere”.
Gaetano De Monte
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