Si è conclusa ieri a Roma “Il futuro è adesso”, due-giorni di incontri organizzata dal quotidiano Domani. Al centro della discussione anche il rapporto tra tecnica e politica
“In questo momento, quando si parla di futuro si ha più timore che speranza“. Con una frase che suona come un monito e un avvertimento insieme, il Presidente della Camera di Commercio di Roma, Lorenzo Tagliavanti, ha aperto martedì scorso la due-giorni di panel, confronti e dibattiti Il futuro è adesso, organizzata nella Sala del Tempio di Vibia Sabina e Adriano, in piazza di Pietra, a Roma, dal quotidiano Domani.
Tagliavanti ha fatto riferimento all’esistenza di 56 conflitti armati nel mondo, ma anche all’emergenza climatica “che ha assunto un’accelerazione che lascia sempre tutti impreparati. Il problema è quello che potrebbe accadere nei prossimi anni”, ha detto il Presidente della Camera di Commercio capitolina. E poi ha affrontato il tema “dell’incalzare delle innovazioni tecnologiche, prima fra tutte l’intelligenza artificiale, “di cui tutti parlano, ma dalla quale gli stessi tecnici e ideatori non sanno ancora bene quale evoluzione aspettarsi”, ha ribadito Tagliavanti. “Parliamo di tecnologie così complesse che lasciano spettatori il 99% della popolazione mondiale. Un tema che da una parte crea aspettative, dall’altra preoccupazioni relativamente alla sostituzione di alcuni elementi importanti che riguardano il ruolo della persona e dell’uomo“.
Un concetto che è stato fatto proprio anche dall’ex Ministro della Transizione ecologica e attuale AD di Leonardo SpA, Roberto Cingolani, il quale, intervenendo nel corso della kermesse, ha sottolineato, sì, “che le aziende più tecnologiche hanno un profondo bisogno di digitalizzare le informazioni, e l’intelligenza artificiale su certi argomenti verticali aiuta a ottimizzare qualunque progetto da realizzare”, ma ha anche avvertito sul fatto che “oggi si parla di intelligenza artificiale e di digitalizzazione come se fossero delle identità che provengono dall’alto, ma in realtà queste sono tecnologie che hanno un’origine profondamente industriale“. E, dunque, ha affermato Cingolani: “dobbiamo avere un Paese forte dal punto di vista del calcolo e della sicurezza delle informazioni, ma tutto questo deve essere accompagnato dall’intelligenza naturale“.
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Spaziando dalla tecnica alla politica, Emiliano Fittipaldi, direttore di Domani, ha ribadito il ruolo dell’Italia “che è oggi al centro di equilibri fragili e sfide decisive, in un particolare momento storico in cui le democrazie globali sono messe alla prova da shock esterni ed interni”. Fittipaldi ha poi aggiunto: “dobbiamo occuparci in particolare di come l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione stanno trasformando l’industria e la mobilità e di come diviene centrale il tema della sostenibilità“; nel tempo della crisi climatica che rende sempre più urgente un’azione di pressione nei confronti delle politiche dei governi sul tema ambientale, aggiungiamo noi.
È stato il futuro tra speranza e paura il filo conduttore della due-giorni organizzata da un giornale, che, ancora nelle parole del suo direttore, si dichiara “identitario; che parla di cultura, politica e diritti, sempre al servizio dei lettori. Perché l’opinione pubblica informata è parte fondamentale di una democrazia”.
Più in generale, “Il futuro è adesso” si è rivelato uno spazio aperto in cui dialogare sulle sfide aperte dell’ambiente, dell’Economia, sull’università che verrà, su Innovazione e sostenibilità, tra tecnica e politica, tra grande impresa e Scienza, su di un palco che ha visto alternarsi, tra gli altri: la Ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, la Segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, l’ex Ministro allo Sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, l’amministratore delegato di Acea, Fabrizio Palermo, e di Leonardo, appunto, Roberto Cingolani.
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Particolarmente significativa, poi, è stata la discussione a margine dei risultati delle elezioni americane con la politologa della Columbia University, Nadia Urbinati, e sul rapporto tra la politica e alcuni poteri privati di derivazione tecnologica che hanno una capacità d’influenza enorme, dove Elon Musk è soltanto la figura più significativa. “C’è una tensione tra Stati e queste forze che cercano di superarlo e di agire al di fuori dei suoi confini. E Musk, non a caso, è un nemico giurato del potere di regolamentazione e normativizzazione sul mercato dell’Europa“, ha spiegato Urbinati.
Tuttavia, c’è un altro tema di fondo che riguarda il futuro degli stati nazionali ed è il rapporto tra Stati Uniti ed Europa in ambiti strategici come il 5G, la cybersecurity, mentre gli Stati Uniti dominano il terreno del cloud e presidiano quasi tutta la memoria che viene prodotta grazie ad Amazon, Microsoft, Google, Oracle, Ibm. E ora che la vittoria di Trump appare come uno spartiacque, saprà l’Europa conservare la propria autonomia nella regolazione delle economie, degli scambi e dei diritti?
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