Perché dissipare il calore emesso dai Data Center quando si può trattenerlo e ridistribuirlo dove serve di più? In Inghilterra si studiano sistemi alternativi per combattere il caro energia
Più spesso di quanto pensiamo, soluzioni innovative e sostenibili sono già a portata di mano e aspettano solo di vedere la luce. Un esempio virtuoso, in questo senso, arriva dal Devon, in Inghilterra, dove un piccolo Data Center delle dimensioni di una lavatrice viene utilizzato per riscaldare una piscina pubblica, l’Exmouth Leisure Centre.
Il funzionamento del sistema ideato dalla startup inglese Deep Green è semplice e geniale allo stesso tempo: il calore prodotto dai computer viene trattenuto da un complesso di tubature contenenti olio minerale e poi reindirizzato verso una piscina limitrofa tramite uno scambiatore. Grazie a questa “caldaia digitale“, l’acqua della piscina viene mantenuta a circa 30°C per il 60% del tempo con enormi risparmi in termini di consumi elettrici.
Basti pensare che, complice la crisi energetica legata al conflitto in Ucraina, per quest’anno, gli amministratori dell’Exmouth Leisure Centre avevano stimato un aumento delle bollette energetiche pari a 100mila sterline. Un caso come tanti nel Regno Unito dove, dal 2019, 65 piscine hanno chiuso i battenti a causa dell’incremento esponenziale dei costi per l’energia.
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Secondo Mark Bjornsgaard, AD di Deep Green, si tratta di una situazione win-win: il sistema è “ottimo per le piscine che possono ridurre il costo del riscaldamento e la quantità di CO2 emessa, ma anche positivo per noi perché possiamo offrire servizi informatici più economici tagliando i costi di raffreddamento“.
Un problema, quello del “Data Center Cooling“, che sta diventando di proporzioni gigantesche, considerando la crescente richiesta di centri di calcolo ed elaborazione dati sempre più potenti in tutto il mondo. Ognuna di queste infrastrutture, infatti, richiede tonnellate di acqua per mantenere costante la temperatura dei computer, rilasciando enormi quantità di calore nelle aree circostanti. Si stima che, ad oggi, i Data Center assorbano il 3% della fornitura globale di elettricità, contribuendo al 2% delle emissioni globali di gas serra.
Se fino a pochi anni fa la tendenza era, quindi, quella di costruire grossi edifici, spesso lontano da centri abitati e con migliaia di computer al loro interno, adesso l’approccio sembra andare nella direzione opposta.
“Considerando come sta evolvendo il mondo, presto avremo bisogno di un numero di computer 10 volte superiore a quello attuale, ma la verità è che non possiamo permetterci di costruire 10 volte il numero di Data Center che già abbiamo“, ha sottolineato Bjornsgaard in un’intervista con il quotidiano britannico The Guardian. “La soluzione, quindi, sta nel decentralizzare i Data Center, portandone ‘piccoli pezzetti’ lì dove serve calore”.
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