“Ubik è la sostanza sfuggente di cui è fatta non solo la Fantascienza, ma la letteratura in senso più generale.”
Nelle incursioni compiute finora nei mondi della Fantascienza, ci hanno fatto incontrare da vicino creature, scoprire luoghi, da cui partire e da raggiungere, più di una volta facendo riferimento a città, viaggi, “cose” che non hanno una fisicità, ma sono piuttosto interiori, frutto della mente. Lorenzo Davia, Damiano Lotto ed Emiliano Maramonte tornano con un episodio dedicato nientemeno che a Philip K. Dick e, in particolare, al suo “Ubik”.
Considerato tra i migliori romanzieri americani del Novecento, anche perché ha saputo anticipare in maniera sagace molti sviluppi della società, Dick si distingue per una scrittura che è un caleidoscopio di stili, sperimentazioni ed esperienze.
Dopo il periodo dei romanzi mainstream, quasi tutti rifiutati dagli editori negli anni Cinquanta del secolo scorso, Dick si trovò a fronteggiare una condizione di tumulto familiare. Ma in quegli stessi anni – i Sessanta – sfornò i maggiori capolavori – “Il cacciatore di androidi” e “La svastica sul sole”, per citarne un paio – gettandosi a capofitto nella scrittura quasi al limite del tracollo psicofisico. Gli anni Settanta, perlopiù sterili dal punto di vista artistico, furono per Dick pieni di stravolgimenti ed esperienze mistiche, che lo condussero alla composizione di una poderosa trilogia, “Valis”, il suo incredibile lascito ai lettori.
Venendo a “Ubik”… pubblicato nel 1969, ma ambientato nel 1992, racconta le vicende di un gruppo di dipendenti della Runciter Associates, in massima parte “inerziali”, ovvero persone con poteri psichici definiti anti-talenti, che intraprendono una missione aziendale sulla Luna. Una volta lì, però, vengono sorpresi da un’esplosione che uccide Glen, il loro capo, a quel punto posto in una capsula criogenica perché continui a esistere in uno stato di “semi-vita”, proprio come sua moglie Ella, deceduta da tempo. Tornati sulla Terra, i protagonisti iniziano a sperimentare cambiamenti inspiegabili nella realtà, con oggetti che tornano a status precedenti (ad esempio videotelefoni che si trasformano in vecchi telefoni in bachelite) e personaggi che avvizziscono e muoiono mentre viaggiano indietro nel tempo. Solo Ubik, un misterioso spray aerosol, sembra contrastare gli effetti devastanti di questo crollo della realtà.
I nostri speaker citano il critico letterario Carlo Pagetti che, nel volume “Il mondo secondo Philip K. Dick”, pone i significati di “Ubik” su una scala crescente sempre più sconcertante:
1) Ubik è un prodotto del capitalismo e del consumismo americano. Lo testimoniano i brevi “spot pubblicitari” all’inizio di ogni capitolo.
2) Ubik è sostanza divina, o divinità, che benedice alcune persone.
3) Ubik è la metafora o l’essenza del motore di una storia di Fantascienza, in pratica metaletteratura.
Con le parole di Pagetti, Ubik è “il nucleo allo stato puro dell’ideologia capitalistica americana […], è una sostanza divina, come l’olio con cui veniva unto – anointed – il capo del sovrano, assomiglia allo sperma della Balena di cui scrive Melville in ‘Moby Dick’ […], è la sostanza sfuggente di cui è fatta non solo la Fantascienza, ma la letteratura in senso più generale.”
In definitiva, questo Ubik, cos’è? Per citare i nostri speaker (in particolare un ispiratissimo Emiliano):
“È mistero, allo stesso tempo buffo e tragico, motore immobile, trascendente e immanente di tutto ciò che esiste, ma anche dell’atto del divenire, del mutare, principio e fine della conoscenza, coincidenza d’opposti (pensiamo all’eterno bilanciamento tra forze psichiche e anti-psichiche), verità ultima e incessante negazione di qualsiasi verità. Ubik è inoltre il sogno liberatorio di una mente che brama la vertigine dell’allucinazione, o anche la geometria impazzita di un tempo che sembra un futuro remoto, ma si configura come un rifiuto rabbioso del nostro tempo e delle logiche da cui è dominato (in primis quelle onnipotenti e onnipresenti del commercio, della sistematica mercificazione) declinato attraverso i fuochi d’artificio di macabro humour.”
La lettura di “Ubik” risulta un’esperienza straniante. La trama fluisce in direzioni imprevedibili lasciando il lettore senza punti di riferimento, ma consapevole di essersi inoltrato in un universo esclusivo che appartiene solamente alla mente del geniale autore americano.
Vi invito ad ascoltare l’episodio “Il mistero, buffo e tragico, di Ubik” per scoprire alcune delle possibili stratificazioni filosofiche e dei significati attribuiti a questo capolavoro impossibile da decifrare appieno con gli strumenti interpretativi tradizionali.
Sabrina Colandrea