In teoria dovrebbero proteggere gli utenti contro il telemarketing illegale, ma la realtà delle app anti-spam è sinistramente diversa. La denuncia congiunta arriva dalle organizzazioni del settore BPO e dalle associazioni dei consumatori
Ieri, 14 novembre 2023, la Sala Stampa della Camera dei Deputati è stata teatro di una conferenza stampa promossa da Asseprim, Assocall, Assocontact, Consumerismo e OIC – Osservatorio Imprese e Consumatori sul tema dell’utilizzo illegittimo dei dati personali da parte delle app anti-spam.
L’evento, cui ha preso parte l’On. Luciano Ciocchetti, si è aperto con la presentazione dei risultati di un’indagine sull’operato di alcune note app anti-spam, usate giornalmente da milioni di utenti. Risultati talmente inquietanti da dare il via a un esposto alle autorità competenti.
Eppure, le app anti-spam, progettate per proteggere i consumatori dalle chiamate indesiderate, dovrebbero essere un baluardo contro il telemarketing illegale. Il loro funzionamento, in teoria, è semplice: quando si riceve una chiamata, il numero chiamante viene confrontato con una blacklist. Se risulta associato a call center illegali, parte un avviso o la chiamata viene bloccata. Un servizio apparentemente gratuito, intuitivo ed efficace, spesso preinstallato di default su molti dispositivi mobili.
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Tuttavia, l’indagine basata sull’analisi delle app TrueCaller e Hiya ha rivelato comportamenti non solo potenzialmente illegali, ma anche pericolosi: da violazioni della privacy a profilazioni e monetizzazione dei dati, da intercettazioni illecite a pressioni indebite.
L’avvocato Eugenio Prosperetti, che ha curato l’esposto per le Associazioni, ha affermato:
“Queste app dovrebbero confrontare il numero di telefono di chi chiama con una lista di numeri di telefono che operano in modo massivo e illegittimo. Allora, a che servono tutti i dati personali, le registrazioni vocali, la trascrizione dei messaggi, i metadati del telefono che, invece, raccolgono, senza chiaramente descrivere le finalità nell’informativa e senza chiedere apposito consenso?”.
La risposta, secondo il Founder di Nevil ed esperto di cybersecurity, Marco Menichelli, è chiara: “Le app in questione funzionano come veri e propri Digital Market dei dati. Il cittadino deve capire che non ci sono benefattori, ma che ognuno di noi paga con i propri dati per accedere a questi e ad altri servizi digitali”.
Da parte sua, il deputato di FdI, Luciano Ciocchetti, ha voluto rimarcare il sostegno all’iniziativa: “Condivido l’iniziativa delle associazioni che hanno presentato un esposto congiunto al Garante della Privacy contro le app anti-spam. Ritengo gravissimo quanto denunciato dalle associazioni ed è compito della politica avviare una serie di approfondimenti affinché si possa allontanare qualsiasi ragionevole dubbio che i telefoni dei cittadini, a causa delle disfunzioni del sistema di protezione, possano essere persino intercettati. Sarà mia cura interrogare gli organi competenti per verificare anche la possibilità di avviare una inchiesta, non solo in ambito nazionale”.
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Leonardo Papagni, Presidente di Assocall, ha sollecitato il mondo politico a contrastare l’ingerenza degli operatori stranieri e a proteggere i dati dei consumatori, annunciando una guerra contro lo spoofing, ossia la pratica di camuffare i numeri chiamanti.
Anche Gianluca Di Ascenzo, Presidente di OIC, ha denunciato il doppio danno arrecato ai consumatori: da un lato la condivisione illegittima di dati per scopi di profilazione e marketing, dall’altro la proliferazione di Call e Contact Center illegali che minano la fiducia nel settore.
Lelio Borgherese, Presidente di Assocontact, si è focalizzato, infine, sulla linea grigia che delimita i Business Model delle due app in questione:
“I Contact Center seri sono contattati per sottoscrivere un abbonamento che li tenga fuori dalle blacklist. Questo significa dover versare un obolo per poter lavorare: una somma onerosa e svantaggiosa per le aziende che già sostengono i legittimi oneri che il ROC, il ROP e tutta la legislazione prevedono”.