Come cambia l’Editoria tra AI e social. I dati di AIE a Più libri più liberi

Tre editori su quattro hanno adottato tool di AI nei flussi di lavoro. Mentre tra i media che influenzano di più l’acquisto di libri crescono i social. Le ricerche presentate a Plpl 2025

 

 

Tre editori su quattro hanno adottato strumenti di intelligenza artificiale nei flussi di lavoro. Intanto tra i media che più influenzano l’acquisto di libri crescono i social, in particolare grazie a TikTok e Instagram, ma la televisione rimane ancora al primo posto.

Instagram è, in assoluto, il social che più influenza l’acquisto dei libri degli italiani, ma sta crescendo TikTok, mentre arretra Facebook, che però continua a imporsi tra gli over 55. Nel campo delle trasmissioni televisive, invece, domina “Che tempo che fa”, di Fabio Fazio, seguito da “Splendida Cornice”, di Geppi Cucciari, e da “Striscia la notizia”.

Questo il podio tratteggiato nella mappa disegnata dall’Osservatorio AIE rispetto all’influenza dei media nell’acquisto di libri e presentato sabato 6 dicembre nel corso del programma professionale di Più libri più liberi, la fiera nazionale della piccola e media editoria organizzata dall’Associazione Italiana Editori alla Nuvola di Roma dal 4 all’8 dicembre.

I dati della ricerca sono stati presentati durante l’incontro “La forma del libro: booksthetic, collezionismo e nuove comunità di lettura”. Moderati da Elisa Buletti (Giornale della Libreria) sono intervenuti Loredana Baldinucci (Il Castoro OFF), Mario Bonaldi (Blackie Edizioni) e Vincenzo Campo (Edizioni Henry Beyle).

 

Libri e media, in TV Fabio Fazio e Geppi Cucciari guidano la classifica delle trasmissioni che più influenzano l’acquisto 

La TV resta il media più influente tra gli italiani di 15-74 anni: dichiara di aver scelto almeno un titolo da comprare negli ultimi 12 mesi sulla base di suggerimenti di trasmissioni televisive il 24% del campione. Booktoker e bookinfluencer o altri contenuti social seguono con il 20%, poi podcast (15%), radio (15%), quindi giornali e inserti culturali (13%). Le medie nascondono, però, profili demografici molto variegati. La TV, in particolare, sale al 30% tra i pensionati, i social al 40% e i podcast al 31% tra i minori di 25 anni.

Tra chi dichiara di aver comprato almeno un libro nell’ultimo anno sulla base di suggerimenti televisivi, il 40% indica come programma “Che tempo che fa”, il 31% “Splendida Cornice”, il 28% “Striscia la notizia”, il 22% “La Torre di Babele” di Corrado Augias, il 20% “In Viaggio con Barbero”, il 19% rubriche TG dedicate ai libri come “Billy” o “Achab”, il 17% “Una giornata particolare” di Aldo Cazzullo, il 17% trasmissioni di attualità politica come “DiMartedì”, il 15% “Milleeunlibro”, il 13% “Passato e presente” di Paolo Mieli. Si consideri che erano possibili più risposte.

 

Tra i social vince Instagram, ma sotto i 25 anni è già stato raggiunto da TikTok. Dietro Facebook, che si impone tra gli over 55 

Tra chi dichiara di aver comprato almeno un libro nell’ultimo anno sulla base di suggerimenti presenti sui social e, in generale, online, il 53% indica Instagram come principale influenza, il 43% TikTok, il 39% Facebook, il 32% YouTube, il 25% forum o community dedicati alla lettura come Anobii o Goodreads, il 17% blog sui libri, il 5% X. Anche in questo caso erano possibili più risposte.

Instagram e TikTok raggiungono a pari merito una percentuale del 64% tra i minori di 25 anni. Facebook va forte nella fascia d’età dei 55-74enni (61%) e tra le persone con basso titolo di studio (51%). YouTube piace soprattutto agli uomini (44%) e a chi ha meno di 25 anni (42%).

 

 

Leggi anche il resoconto del 2024: Più libri più liberi. Com’è andata la 23sima edizione

 

 

L’AI è già nel flusso di lavoro di tre editori su quattro. Gestione dei diritti, violazione del copyright da parte delle Big Tech e inaffidabilità delle risposte le preoccupazioni più frequenti

Più di un editore italiano di libri su quattro, ovvero il 27,7%, è stato contattato per dare in licenza i contenuti delle opere pubblicate alle aziende che sviluppano Large Language Model come ChatGPT, Gemini o Claude. Tuttavia in questa fase prevale la prudenza: solo il 3,7% degli editori ha concluso uno o più contratti di licenza. Il 37% ha già escluso di concederla, mentre il 59,3% sta valutando il da farsi.

Il dato è contenuto nella prima ricerca sistematica realizzata in Italia sull’uso di strumenti di intelligenza artificiale nelle case editrici presentata durante l’incontro “L’intelligenza artificiale in casa editrice: per fare cosa?”.

Sono intervenuti, dopo i saluti del Presidente di AIE Innocenzo Cipolletta, Andrea Angiolini (delegato AIE all’Innovazione), Cristina Mussinelli (responsabile AIE per il Digitale) e Nicola Cavalli (Ledizioni). “Con questa ricerca confermiamo il nostro impegno per l’innovazione”, ha commentato Cipolletta. “Lo sviluppo delle AI ci vede impegnati prima di tutto accanto ai nostri partner europei per ottenere una legislazione chiara ed efficace a tutela del diritto d’autore, ma al contempo monitoriamo l’adozione di strumenti di intelligenza artificiale da parte delle imprese per sostenerle in questo processo. Il gap a sfavore degli editori più piccoli ci conferma che sono necessarie politiche industriali pubbliche che permettano a tutti di cogliere le opportunità delle nuove tecnologie”.

Angiolini ha aggiunto: “Gli strumenti di AI sono entrati diffusamente nei flussi di lavoro delle case editrici a più livelli. Come Associazione supportiamo tutti gli editori in questo momento di forte innovazione, fornendo innanzitutto la formazione necessaria per cogliere le opportunità delle nuove tecnologie evitando allo stesso tempo i rischi collegati a un’adozione acritica“.

 

 

Leggi anche “Intelligenza umana, supporto artificiale”: esperti a confronto durante l’evento di Adnkronos

 

 

Per le case editrici italiane l’AI è uno strumento già integrato nei flussi di lavoro, ma allo stesso tempo la tecnologia alimenta preoccupazioni sul versante del rispetto del diritto d’autore e dell’affidabilità nelle risposte che fornisce. All’indagine hanno partecipato 97 editori, per un totale di 184 marchi editoriali coinvolti.

Tre editori su quattro, il 75,3%, dichiarano di utilizzare strumenti di AI. Tra i grandi editori, con oltre cinque milioni di euro di vendite annue, la percentuale di chi usa strumenti di AI è del 96,2%. Per gli editori tra uno e cinque milioni si scende al 75%, al 66,7% per gli editori da 500mila a un milione di euro, al 63,6% per gli editori da 100mila a 500mila euro, al 62,5% per gli editori sotto i 100mila euro.

Tra gli editori che utilizzano tool di intelligenza artificiale, il 67,1% cita tra gli utilizzi la realizzazione di materiali per ufficio stampa e comunicazione, il 67,1% la redazione di paratesti e metadati, il 50,7% la realizzazione di copertine e illustrazioni, il 49,3% l’editing, la revisione bozze, le traduzioni, il 31,5% attività amministrative o operative, il 21,9% l’accessibilità, il 19,2% attività commerciali come previsioni di vendita e analisi di dati. Ancora, il 17,8% utilizza l’AI per lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi come software educativi interattivi (lo fa il 50% degli editori scolastici) e servizi e software su banche dati (riguarda il 33% degli editori professionali. Anche in questo caso erano possibili più risposte.

Sul versante delle preoccupazioni che l’AI alimenta per il futuro, il 63,9% del campione cita la tematica della revisione dei contratti, i rapporti con i collaboratori, la gestione dei diritti. Il 58,8% indica la violazione del copyright da parte delle aziende che gestiscono i Large Language Model nelle fasi di addestramento, il 50,5% le allucinazioni generate dall’AI presentate come fatti, il 46,4% il fatto che i sistemi di intelligenza artificiale siano addestrati con dati imprecisi, falsi o distorti, il 44,3% il tema di come proteggere il materiale generato con l’AI, il 42,3% la difficoltà a stare al passo con i rapidi cambiamenti, il 39,2% le difficoltà a spiegare agli autori in che modo le loro opere sono protette, considerando che le condizioni delle piattaforme sono poco chiare, il 32% la proliferazione del Self Publishing prodotto dall’AI, il 16,5% l’impatto sull’organizzazione interna della casa editrice, il 16,5% la sfiducia nelle aziende che sviluppano AI, il 16,5% il dover prevedere investimenti considerati eccessivi. Solo il 6,2% non ha alcuna preoccupazione.

 

Fonte: Ufficio Stampa AIE + Più libri più liberi

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