Fonti ben informate hanno ipotizzato che i tagli potrebbero arrivare fino a 30mila dipendenti, doppiando così il precedente del 2022
La mattina del 28 ottobre Beth Galetti, Vice Presidente People Experience and Technology di Amazon, ha condiviso una nota con i propri dipendenti, che in breve tempo ha fatto il giro del mondo, attraverso cui l’azienda della Silicon Valley annuncia un piano massicio di licenziamenti entro 90 giorni.
In verità, nel messaggio rivolto ai lavoratori, Galetti ha scritto che “Amazon assume l’impegno di supportare tutti coloro che sono stati colpiti da questa decisione, offrendo alla maggior parte dei dipendenti 90 giorni di tempo per cercare un nuovo ruolo all’interno dell’azienda”. E ha poi riferito che ai lavoratori che non riusciranno a trovare un nuovo ruolo nella compagnia sarà offerto “un sostegno alla transizione che include indennità di fine rapporto, servizi di ricollocamento, copertura assicurativa sanitaria e altro“.
La notizia, anticipata dal Guardian, e data per prima in Italia dall’agenzia Public Policy, è subito ribalzata sulle altre agenzie e sui quotidiani e, con essa, anche quella che appare la motivazione ufficiale dei probabili tagli al personale: la crescita esponenziale dell’intelligenza artificiale. Ma è davvero così?
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È sempre Galetti a riferire che “questa generazione di AI è la tecnologia più rivoluzionaria che abbiamo visto dai tempi di Internet e sta consentendo alle aziende di innovare più rapidamente che mai”, ma, allo stesso tempo, ha aggiunto la manager, “a mano a mano che implementiamo sempre più AI generativa e agenti, il modo in cui lavoriamo deve cambiare, perché avremo bisogno di meno persone per svolgere alcuni compiti“.
Sembrerebbe, quindi, che la motivazione ufficiale dei tagli sia da ricondurre, in prevalenza, all’intelligenza artificiale. Un’ipotesi, quella dell’impatto delle tecnologie sulla forza di lavoro aziendale, in effetti, cui aveva già fatto riferimento nel giugno scorso Andy Jassy, AD di Amazon.
Stavolta i licenziamenti sembrano essere un fatto concreto. Alcuni analisti hanno già ipotizzato che i tagli interesseranno principalmente i settori Comunicazione, Marketing, Human Resources, Sviluppo software. Le divisioni più colpite, dunque, saranno quelle corporate e strategiche, mentre saranno escluse le attività logistiche.
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In ogni caso, ad oggi, nulla è trapelato rispetto all’area geografica che sarà colpita dai licenziamenti. Quello che è certo è che non sarà colpa solo dell’AI.
Le motivazioni hanno radici più profonde, come la volontà della compagnia di semplificare la struttura aziendale per ridurre i livelli di gestione. Non solo. Anche la riduzione dei costi interni, come quelli legati alla burocrazia, potrebbe essere un’altra motivazione valida.
C’è chi ha ipotizzato, addirittura, che i tagli potranno essere ben più profondi, arrivando a toccare la soglia dei 30mila, doppiando, così, il precedente maxi-licenziamento arrivato alla fine del 2022, durante il quale furono tagliati circa 27mila posti di lavoro. Quello che è altrettanto certo è che i licenziamenti di Amazon si inseriscono in un contesto più ampio di ridimensionamento del comparto tecnologico, con centinaia di aziende che hanno fatto annunci simili nel corso dell’ultimo anno.
E, se la scure di Amazon dovesse abbattersi anche sull’Italia, c’è già la ricetta pronta che potrebbe valere in futuro anche per le altre Big Company: la pace fiscale.
Come riportato ancora dal quotidiano Domani, infatti, “l’Agenzia delle Entrate, ha calcolato che Amazon deve all’erario italiano 600 milioni di euro”.
Gaetano De Monte
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