Aspettando l’Urban Center. Connettere i dati per governare Roma

Durante il convegno “Roma, la città dei dati” che si è svolto il 15 ottobre alla Camera di Commercio si è parlato a lungo della nascita dell’Urban Center della Capitale

 

 

Ancora oggi Roma è una delle poche capitali europee a non essere dotate di un unico Data Center, nonostante la presenza di tre università pubbliche, varie articolazioni amministrative locali e nazionali, centinaia di centri di Ricerca e altrettanti studiosi che alimentano continuamente con passione e competenza il dibattito sul governo della città metropolitana. C’è, dunque, un enorme patrimonio di intelligenza e di dati, tuttora frammentato, che rischia di essere disperso. Eppure, un’occasione per connettere i tanti lavori e che consenta un’interazione tra tanti soggetti appartenenti a diversi campi disciplinari, esiste.

Perché nei prossimi mesi anche Roma attiverà, come altre capitali europee, il proprio Urban Center, un’occasione per attivare tra le tante sinergie esistenti. Per ora si sa che esisterà uno spazio di 1000 metri quadrati, tra interni ed esterni, che dovrà ospitare aule meeting, laboratori multimediali e interattivi, uffici, desk accoglienza, mostre temporanee e permanenti, che nascerà in viale Manzoni, ed avrà il compito di promuovere la diffusione della cultura urbana tra associazioni, cittadini e stakeholder, favorendo la partecipazione attiva di tutti.

 

 

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Ma la sfida lanciata dall’Urban Center sarà anche quella di raccogliere e raccontare i processi di trasformazione che avvengono nella città metropolitana. Un primo antipasto di ciò che avverrà nel prossimo futuro si è avuto il 15 ottobre all’interno della sala del Tempio di Vibia Sabina e Adriano, sede della Camera di Commercio di Roma, in piazza di Pietra, dove economisti, geografi, urbanisti, amministratori pubblici e di imprese private si sono confrontati su passato, presente e futuro della Capitale.

Roma, la città dei dati” era il titolo del convegno-tavola rotonda organizzato dall’Ordine degli architetti e che ha visto alternarsi fino a sera studiosi del neo-urbanesimo capitolino come Filippo Celata, Giovanni Caudo, Enrico Puccini, Salvatore Monni, Keti Lelo, Federico Tomassi.

A Roma nascere in un quartiere piuttosto che in un altro significa avere più o meno opportunità; di essere istruito, di essere occupato o meno, di avere vicino casa un asilo nido, una piazza, una biblioteca, un teatro“. È la considerazione di Salvatore Monni, docente di Development Economics dell’Università di Roma Tre, usata come linea guida per il confronto, che si è sviluppato, a molte voci, sulle tematiche che saranno oggetto dell’Urban Center. Che avrà, a sua volta, il compito di aggiornare periodicamente le informazioni disponibili sul territorio. Per analizzarle e immaginare nuove di forme di governo adatte ad una realtà urbana diventata sempre più complessa, secondo l’auspicio di molti tra i relatori intervenuti.

 

 

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Giovanni Caudo, per esempio, professore universitario di lungo corso e delegato del sindaco Roberto Gualtieri per l’attuazione nella Capitale del PNRR, ha detto:

Una delle cose che dovrà fare l’Urban Center è provare ad alimentare il dibattito pubblico sulle trasformazioni di questa città, anche rimuovendo alcuni falsi racconti su di essa; vorrei che i romani così comprendessero che la Capitale che gli è stata finora raccontata per molti versi non è quella che esiste realmente. Se racconti male la città in cui vivi, la città si governa male.”

“È una città in continua trasformazione, estremamente complessa”, ha premesso Elena Andreoni dell’assessorato all’Urbanistica di Roma Capitale, che ha poi spiegato come il supporto dei dati rappresenti oggi una sfida al servizio dei decisori della pianificazione territoriale.

Andreoni ha illustrato il modello di Digital Twin, cioè la rappresentazione in tempo reale del patrimonio territoriale urbano ed extraurbano attraverso l’utilizzo di dati provenienti da sensori e modelli matematici integrati. Nel caso di Roma il gemello digitale è stato quasi completato, sviluppandosi lungo le strade di grande comunicazione e le consolari, consentendo così al dipartimento pianificazione di acquisire una notevole banca dati del patrimonio infrastrutturale, dati che poi vengono elaborati con l’intelligenza artificiale per costruire un vero e proprio censimento catastale, comprensivo di elementi come la segnaletica orizzontale e verticale e gli stalli di sosta riservati ai disabili. Un catasto interattivo che può essere navigato con una application in cloud. “Bisogna saper riconoscere e integrare tra loro i dati”, ha ribadito Andreoni.

 

 

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Un esempio di integrazione di dati per migliorare l’amministrazione della città complessa è il lavoro che porta avanti da tempo l’ACoS, l’agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici locali di Roma Capitale, la quale realizza “studi, pareri ed esercita un’attività di vigilanza costante per verificare le modalità di erogazione dei servizi e garantire una informazione tempestiva e documentata sulle condizioni di svolgimento degli stessi”. A nome dell’agenzia, nel corso del convegno, è intervenuta la professoressa Keti Lelo, la quale ha illustrato le metodologie usate da ACoS all’interno di una indagine che sta portando avanti, insieme a Roma Capitale e al Dipartimento di Economia aziendale dell’Università di Roma Tre, sull’accessibilità degli spazi pubblici a Roma, con particolare riferimento alle persone con restrizioni di movimento.

E, tuttavia, i diversi modelli di elaborazione che sono stati raccontati nel corso di “Roma, la città dei dati” non erano soltanto di derivazione istituzionale, ma ce n’erano di promossi dalla società civile e da gruppi di ricerca indipendenti.

 

 

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Mapparoma, per esempio, progetto nato nel 2016 dall’omonimo blog, ha pensato di unire il rigore scientifico a un linguaggio accessibile a tutti, proponendo dati facilmente fruibili sui quartieri romani e rappresentandoli in forma cartografica, per evidenziare le forti differenze socio-economiche che caratterizzano il territorio della Capitale

È uno strumento pensato per gli amministratori “che devono disegnare le politiche, per i ricercatori che studiano in dettaglio le dinamiche urbane, per i giornalisti che vogliono approfondire le notizie di cronaca”, si legge nella presentazione. Le analisi di Mapparoma – dati e mappe che mostrano le caratteristiche urbanistiche, demografiche, sociali, economiche e politiche della città – combinano le diverse fonti esistenti con quelle istituzionali: l’anagrafe di Roma Capitale, i censimenti Istat, i risultati elettorali, i valori immobiliari dell’agenzia delle entrate, i dati comunali sulle fermate del trasporto pubblico e sugli incidenti stradali.

È il modello di integrazione dei dati per governare al meglio la città complessa, in attesa del Data Center unico di Roma Capitale.

Gaetano De Monte

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