I am not a typo: la campagna contro i pregiudizi dei software di correzione automatica

Basta con l’autocorrezione selvaggia: in un Regno Unito sempre più multiculturale, la campagna “I am not a typo” invita i giganti tech ad aggiornare i propri dizionari, includendo nomi etnici e meno banali del normale

 

 

Il tuo nome viene regolarmente segnalato (e corretto) dallo smartphone come un errore di battitura? Se la risposta è sì, potresti essere vittima dei pregiudizi presenti all’interno dei software di correzione automatica dei testi.

Una nuova campagna attualmente in voga nel Regno Unito, chiamata I am not a typo, mira a sensibilizzare pubblico e Tech Giant su un problema, all’apparenza marginale, che, però, fa sentire migliaia di persone strane e… sbagliate. Sono sempre di più, infatti, i nomi etnici o semplicemente più originali del solito a essere segnalati come errori dai dispositivi tecnologici.

Qualche esempio? “Talia”, corretto in “Taliban”; “Rashmi” che diventa “Sashimi”, “Dhruti” storpiato in “Dorito” e “Dirty”, oppure “Eugenia” che evolve in “Eugenics” e “Pramila” trasformata in “Paramilitary”. Persino Sundar Pichai e Satya Nadella, Amministratori Delegati di Google e Microsoft, sono rimasti vittime dell’algoritmo di predizione diventando rispettivamente “Sunday” e “Satay” (uno spiedino di carne di origine indonesiana).

 

 

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Per darvi un’idea del problema, tra tutti i nomi maschili e femminili dati ai bambini in Inghilterra e Galles nel 2021, quasi 6mila (su 13.532) erano considerati “sbagliati” o “non accettati” dal dizionario inglese di Microsoft. La soluzione? Fare in modo che le grandi aziende tecnologiche, come Apple, Google e Microsoft, includano più nomi etnici e diversi dalla norma nei loro dizionari di correzione automatica.

La lettera aperta, scritta dai promotori della campagna, non ha ancora ricevuto risposta, ma il team di “I am not a typo” è fiducioso che un cambiamento sia possibile. Intanto, nelle città britanniche, è comparsa una serie di annunci sui cartelloni pubblicitari che sottolinea come il tempo sia maturo affinché “l’autocorrezione venga corretta”.

“I nomi che portiamo sono le parole più importanti della nostra vita e parti integranti della nostra identità”, hanno dichiarato gli organizzatori della campagna. “Non dobbiamo permettere che i nostri figli vengano condizionati dalla tecnologia”.

 

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