Il cyberspazio è reale. Iniziamo a pensarlo in termini di sostenibilità
Di sostenibilità ambientale si parla molto. Ciò di cui si parla poco è la sua gemella: la sostenibilità del cyberspazio. Fortunatamente qualche iniziativa arriva a rompere il silenzio. Arctic Code Vault, il progetto lanciato da GitHub, si pone il problema di conservare la conoscenza digitale per le generazioni future.
Negli ultimi anni abbiamo accumulato dati in modo esponenziale. Pdf, articoli, strisce di codice: una conoscenza infinita. Ma sarà destinata a durare? Vi soffermate mai a pensare che il nostro sapere digitale dipende da elementi non garantiti quali l’energia elettrica e i dispositivi stessi?
GitHub contrasta l’Armageddon dando vita a un’arca per la preservazione dei dati. Un impenetrabile archivio, scavato nelle profondità del permafrost norvegese, che ospiterà per i prossimi mille anni 24 TB di codice sorgente, fruibili anche senza supporti elettronici. Il blackout non è più un problema.
Ascolta anche: Relazioni tra reale e virtuale
Facciamo un passo indietro. L’ambiente. Sarà poi giusto parlare di sostenibilità ambientale senza tenere conto del cyberspazio? Quanto potrà mai inquinare navigare in rete?
Lasciamo parlare i numeri. Nel 2015 i cloud data center USA hanno consumato 100 miliardi di chilowatt/h, abbastanza per illuminare la città di Washington. Il 2% dell’anidride carbonica globale – lo stesso impatto dell’aviazione civile – viene prodotta da data center. Lo smaltimento dei rifiuti elettronici causa malattie e inquinamento globale.
Forse vale la pena iniziare a porsi le domande giuste. L’innovazione è sempre più rapida, ma la velocità mal si sposa con la riflessione. Quanto di ciò che stiamo facendo è necessario? Come sta impattando la vita delle persone? Il nostro sapere è al sicuro? E voi cosa fate per custodirlo?
Eleonora Medica