Il Sud fa meglio del Centro e del Nord. Quasi la metà delle medie imprese industriali supererà i livelli produttivi pre-pandemia e il 71% si è già attivato – o lo farà a breve – sul PNRR
Il Sud è destinato ad essere il famigerato fanalino di coda della crescita italiana? Spoiler: no.
Questo è quanto emerge dall’ultimo rapporto “Leader del cambiamento: le medie imprese del Mezzogiorno”, realizzato dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e da Unioncamere e che è stato presentato a Salerno presso la Camera di commercio questo 16 dicembre. In quanti, forse ingannati da certa pubblicità e da radicati bias, sono sorpresi?
Vediamo insieme i punti salienti della presentazione.
Leggi anche: Il Sud Italia protagonista strategico del Mediterraneo
“Le medie imprese meridionali rappresentano la locomotiva industriale del territorio, figlie di un capitalismo familiare di lunga data che si tramanda da generazioni. Sono imprese che hanno anche messo in evidenza una capacità di resilienza non inferiore rispetto alle altre presenti nel resto del Paese”. Queste le parole del Presidente di Unioncamere, Andrea Prete, che ha poi aggiunto che queste realtà “sono pronte a cogliere le sfide del cambiamento puntando sempre più sulla frontiera 4.0, facendo leva anche sul PNRR. Ma per questo servirà, soprattutto al Mezzogiorno, sviluppare un modello di innovazione improntato su una forte collaborazione tra imprese, Università, centri di ricerca locali”.
Leggi anche PNRR-ITALIA: basterà per colmare la discriminazione regionale e di genere?
Quindi, secondo i dati raccolti dallo studio, accelera la crescita delle medie imprese del Mezzogiorno. Non solo: queste stesse aziende, negli ultimi 10 anni, hanno superato le controparti analoghe del Centro e del Nord. Non cerchiamo naturalmente di portare avanti una dinamica tossica di contrapposizione interna al nostro Paese, tentiamo piuttosto di ricreare un match più solido tra narrazione e realtà, tra pregiudizio e dati di fatto. Infatti, le medie imprese del Sud hanno avuto
“un incremento del giro d’affari dell’8,1% nel 2022, dopo l’aumento del 10% conseguito nel 2021. Contro il 7,2% delle altre aree. Così quasi la metà conta di superare entro il 2022 i livelli pre-Covid. A conferma di questa dinamicità che, in 10 anni, tra il 2011 e il 2020, ha visto crescere il loro fatturato del 35,2% (contro il 16,7% delle altre aree d’Italia), la produttività del +28,3% (contro il +20%) e la forza lavoro del +25,6% (contro il +19,8%).”
Ascolta il nostro podcast PNRR: possibile una transizione anche sociale?
Una crescita possibile anche grazie al PNRR e a uno sguardo comune e deciso verso un obiettivo: gli investimenti nel digitale. Infatti, sempre dal rapporto si legge che
“il 71% delle medie imprese meridionali punta sul PNRR: il 48% si è già attivato mentre il 23% ha in programma di farlo nel breve termine. Per accompagnare la propria crescita, il 76% è pronto a investire nelle tecnologie abilitanti tra il 2022 e il 2024, una quota assimilabile a quella del resto d’Italia (75%), ma in crescita rispetto al triennio precedente, quando la percentuale delle medie imprese meridionali che avevano imboccato la via della transizione 4.0 era stata pari al 71%.”
Leggi anche: Perché è meglio investire nella finanza sostenibile?
Infine, lo studio ha anche analizzato il rapporto medie imprese del Sud e sostenibilità. A che punto siamo?
“I temi ambientali interessano il 73% delle medie imprese meridionali, contro il 79,2% di quelle ubicate in altre aree. Anche se evidentemente la sostenibilità resta tra gli obiettivi più significativi per le medie imprese del Mezzogiorno, in generale le tematiche ad essa legate vengono percepite come meno prioritarie rispetto al resto d’Italia. L’attenzione verso le condizioni di lavoro dei dipendenti, ad esempio, interessa il 78,4% delle medie imprese del Mezzogiorno (contro l’81,5% di quelle delle altre aree).”
Non rimane che domandarci il perché di questa ultima nota grigia in questo dipinto altrimenti luminoso e ricco di ampie prospettive. Forse, anche in questo caso, la narrazione da parte dei media ha influito sulla percezione del tema sostenibilità, talvolta inteso come obbligo “di facciata” da adempiere e non come marcia in più?
Leggi anche La Green Economy accelera: in Italia 3,1 mln di occupati