Morire è diventata un’esperienza VR come un’altra con i Death Simulator

Curiosi di sapere cosa si prova nel morire? A darvi una risposta ci pensa la realtà virtuale con i Death Simulator, installazioni che uniscono grottesco, macabro e filosofico

 

 

Esaltazione, gioia, eccitazione, tristezza, terrore, dolore fisico e ora anche morte. Sì, avete letto bene: morte. 

Basta saper cercare l’esperienza giusta di realtà virtuale ed è praticamente possibile sperimentare qualunque situazione o condizione psicofisica. Inclusa l’esperienza di morire.

Chiedere per conferma ai fruitori del Death Simulator installato qualche tempo fa in una galleria d’arte di Melbourne, in Australia. Come funziona? Si entra, si indossa un visore VR, ci si sdraia su un lettino e progressivamente si inizia a sperimentare una sensazione di arresto cardiaco e morte cerebrale. Il letto vibra, i membri dello staff attorniano il finto paziente cercando di rianimarlo, mentre il visore dà la sensazione di fluttuare nello spazio e di allontanarsi dalla scena del proprio decesso (qui il video).

Tutto ovviamente senza i dolori del caso, ma con una certa sensazione di angoscia, come hanno sottolineato molti degli utenti che hanno provato l’esperienza.

Da parte sua, il creatore dell’installazione, l’artista australiano Shaun Gladwell, ha descritto il tutto come “allontanarsi da se stessi e poi fluttuare nell’universo gigante”. Per poi aggiungere: “Simulare gli ultimi minuti di vita è una meditazione sull’effimero che caratterizza l’esistenza individuale”.

 

 

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A ben vedere, non è la prima volta che la morte viene messa al centro di un’esperienza di realtà virtuale. Senza scomodare il mondo dei videogame, dove le esperienze realistiche di morte sono sempre più accurate e spaventose, nel 2016 fece discutere un’attrazione turistica a Shanghai, in Cina, che permetteva agli utenti di sperimentare la sensazione di essere cremati e di rinascere.

Per la modica cifra di 68 dollari, i partecipanti venivano adagiati su un nastro trasportatore che scorreva all’interno di pareti infuocate e riscaldate a 40° per simulare l’effetto di un forno crematorio. L’esperienza si concludeva, pochi minuti dopo, con la rinascita del partecipante attraverso uno scivolo in lattice che richiamava il grembo materno (qui il video).

Solo gusto per il macabro? Non secondo gli organizzatori che, al tempo, giustificarono l’installazione con la necessità di demistificare la morte e preparare le persone ai momenti che la precedono.

 

Leggi anche: Non c’è ritorno dalla morte… se non sotto forma di avatar

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