Il cambiamento nel mondo del lavoro passa soprattutto per il rinnovamento e il superamento di certi schemi aziendali che ormai ci appaiono obsoleti.
E di certo, l’emergenza scatenata dalla diffusione del Covid-19 ha portato le aziende a cambiamenti talmente rapidi da non ammettere tentennamenti, di fronte alla richiesta di rivoluzionare totalmente il proprio modo di lavorare a tempo indeterminato. Lo smart working ha cambiato i nostri ritmi, scombussolato le nostre agende, ma allo stesso tempo ci ha spinto a riconsiderare le sue potenzialità.
Con Arianna Visentini, presidente e socia fondatrice di Variazioni, abbiamo parlato di cosa significa rendere possibile lo smart working per le aziende e di come si creano le infrastrutture e i processi organizzativi di approccio metodologico al lavoro. Variazioni è infatti una società di consulenza specializzata in welfare aziendale con un focus sull’innovazione dei processi organizzativi e sullo smart working.
Nella prima parte dell’intervista, Arianna Visentini ripercorre le prime tappe dello smart working in Italia, ben prima della legge sul Lavoro Agile del 2017, quando lo smart working era eccessivamente complicato dal punto di vista burocratico e ed economico a discapito delle aziende. “Oggi è più semplice fare lavoro agile di quanto non fosse fare telelavoro qualche anno fa” spiega Visentini, intervistata da Giulia Borgherese.
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All’adozione di un modello di smart working da parte di un’azienda, corrisponde quasi sempre un’opportunità di cambiamento e di profondo rinnovamento dei processi aziendali. L’ottimizzazione del tempo di lavoro ad esempio, che viene gestito con flessibilità, autonomia e spirito collaborativo, ma soprattutto la possibilità di mettere a frutto le potenzialità del lavoro agile per superare altri obiettivi strategici. Insomma, un cambiamento non soltanto organizzativo ma culturale.
Luisa Vittoria Amen