Il nostro trio fantascientifico ci conduce attraverso un viaggio tra le stelle e non solo
Come promesso al termine dell’ultimo episodio di CIFcast, Lorenzo, Damiano ed Emiliano stavolta si dedicano al vasto tema del viaggio. E proprio come avevano fatto per Viaggi nel tempo, che vi invito a riascoltare, in questa nuova puntata ripercorrono con quali bizzarri mezzi di trasporto si svolgono questi viaggi – in questo caso più che nel tempo nello spaziotempo – e che cosa rappresentino nella fantascienza.
L’archetipo del viaggio è alla base di tantissima letteratura, nonché di miti, testi religiosi e leggende: Gilgamesh alla ricerca dell’immortalità, Mosè e il popolo ebraico alla ricerca della Terra promessa, Marco Polo in Oriente… Sono moltissimi gli esempi che si potrebbero fare che testimoniano la necessità dell’uomo, e la trasposizione di questa necessità in letteratura, di viaggiare per cercare altro da sé oppure nientemeno che se stessi.
Limitando il discorso alla fantascienza, però, i nostri si chiedono: quanti e quali modi sono stati concepiti per varcare spazi immensi e raggiungere luoghi dove nessuno è mai stato prima?
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La saga di Star Trek, ad esempio, propone l’espediente narrativo dei motori “a curvatura”, che creano una distorsione nel tessuto dello spaziotempo, contraendo lo spazio davanti alla nave e permettendole così di percorrere una distanza minore di quella che dovrebbe coprire viaggiando con un motore normale. Espedienti come questo servono perché i vari personaggi devono poter raggiungere mondi lontanissimi e, però, farlo nel tempo di un episodio (in senso più lato nell’arco temporale della loro aspettativa di vita). Quando in Star Trek si parte si sa che si potrebbe stare lontani da casa anche per un lungo periodo, ma anche che non si tratta di un addio definitivo ai propri cari.
Invece, nel caso delle navi generazionali, tòpos ricorrente nei racconti di fantascienza, chi parte sa che non rivedrà più la propria casa. Accade con la nave-cilindro Vanguard, in Orphans of the Sky di Robert A. Heinlein. Qui la meta del viaggio è secondaria: la nave stessa diventa il fulcro della narrazione con le sue leggi brutali, come la divisione tra chi vive sui “ponti superiori”, un’oligarchia di privilegiati, e chi, invece, dimora in quelli inferiori e viene considerato alla stregua di un’aberrazione. Un altro esempio di questo filone è Incontro con Rama di Arthur C. Clarke, in cui Rama, grande nave che arriva nel nostro sistema solare da mondi alieni, contiene un vero e proprio habitat con tanto di mari al suo interno.
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Si avvicina alla nave generazionale, con significative differenze, l’espediente dell’animazione sospesa: qui, per tutta la durata del viaggio, l’equipaggio è ibernato e viene risvegliato solo all’arrivo o quando si verifica qualche spiacevole inconveniente. È la tecnologia che vediamo in Alien. Anche in questi casi, sebbene l’equipaggio di fatto non invecchi, sul pianeta di origine passano molti anni e chi torna dal viaggio non trova nessuno dei suoi conoscenti ad attenderlo. Addirittura, potrebbe non trovare più nemmeno la civiltà, come nel romanzo Il pianeta delle scimmie.
Sono molti altri i casi citati dai nostri speaker, dal monumentale Hyperion di Dan Simmons con i suoi portali alla serie di Jack Vance Il ciclo dei Principi Demoni, dove viaggiare non è tanto uno spostamento verso una meta quanto l’avventura che si vive nel mentre. L’enorme varietà di trovate degli autori di fantascienza nel narrare di viaggi farà senz’altro capire che il sistema con il quale ci si sposta nelle immensità spaziali ha molto a che fare con la tecnologia, e quindi con verosimiglianza e congruenza, ma ancor di più con le esigenze narrative, ovvero con ciò che l’autore intende trasmetterci.
Allo stesso modo, ciò che i protagonisti cercano durante il viaggio è di norma più importante dei dettagli pseudo-tecnici che descrivono il “come” compiono questo viaggio. Non mancano i casi, tra l’altro, in cui non viene neppure trovato ciò che si cercava all’inizio (come in Hyperion, in cui il mistero non viene risolto). Questo perché in fondo probabilmente non è così importante. Un viaggio è stato compiuto ugualmente e si può ricominciare, verso una nuova destinazione.
Sabrina Colandrea