Il punto di vista sul tema della piccola e media impresa nonché quello della multinazionale
Ritorna Talk about IT con un nuovo episodio. Stavolta si parla di Innovazione nel mondo del lavoro post-pandemia. Infatti, la maggior parte delle società del mondo, in concomitanza con l’impossibilità di spostarsi dalle abitazioni dovuta al Covid-19, ha scoperto l’esistenza di diverse forme di impiego da remoto, dallo Smart Working all’Hybrid Working nelle sue varie declinazioni. Il fenomeno, in Italia, è stato particolarmente evidente: prima del lockdown di marzo 2020 i lavoratori “smart” italiani erano appena 570mila; in tempi brevissimi sono diventati milioni.
In questa nuova puntata del nostro podcast in collaborazione con la sezione IT di Unindustria, Marco Borgherese analizza queste trasformazioni del mondo del lavoro in compagnia di Annalisa Mugheddu, Marketing & Communication Manager di Atlantica, Stefano Tiburzi, Co-Founder e CIO di SMI Technologies and Consulting e Stefano Trombetta Managing Director, Accenture Strategy & Consulting, Talent & Organization ICEG Lead.
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Ora che la minaccia del Coronavirus sembra, se non proprio terminata, almeno tenuta a bada, le aziende si stanno chiedendo che tipo di approccio adottare rispetto al tema del ritorno in ufficio e della delocalizzazione dei dipendenti. Uno dei rischi del lavoro smart prolungato starebbe nella sensazione di eradicazione cui la persona può andare incontro. Il risvolto della medaglia, invece, è che, libero da vincoli di natura geografica, il lavoratore può guadagnare tempo prezioso da dedicare alla propria sfera privata.
La via ideale, quindi, potrebbe essere una formula ibrida. Qual è il punto di vista di Atlantica, azienda fortemente impegnata nella digitalizzazione? La nostra ospite, la dott.ssa Annalisa Mugheddu, che ha sperimentato lo Smart Working in tempi non sospetti lavorando per una multinazionale americana, quale altro elemento può fornirci in merito?
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Partendo da alcuni dati dall’edizione 2021 dell’Osservatorio Smart Working, realizzati anche con il supporto di Accenture, si evince che l’equilibrio fra lavoro e vita privata è migliorato per la maggior parte delle grandi imprese (89%), PMI (55%) e delle PA (82%); che purtroppo è nato il disagio dell’iperconnessione, il 28% degli Smart Worker, infatti, ha sofferto di tecnostress e il 17% di overworking. Inoltre, grandi imprese e PA hanno evidenziato un deciso miglioramento di efficacia ed efficienza (quest’ultima migliorata per il 59% nelle grandi imprese e per il 30% nelle PA contro, rispettivamente, il 5% e il 16% che hanno dichiarato un peggioramento). L’aspetto valutato più negativamente da tutte le organizzazioni è quello della comunicazione tra colleghi, peggiorata per il 55% delle grandi imprese, il 44% delle PMI e il 48% delle PA (a fronte rispettivamente del 10%, 9% e 16% che hanno dichiarato un miglioramento).
Questi numeri possono aiutare le aziende a decidere sull’innovazione dei processi di lavoro?
SMI Technologies and Consulting è una giovane società che di recente ha scelto di investire in una sede di 2mila metri quadrati, che potenzialmente consente a tutti i 100 dipendenti di lavorare in presenza e che prevede, al contempo, un intero piano dedicato a “Cosmico”, spazio dedicato alle passioni dei lavoratori. Un ritorno, potenziato, all’interazione fisica con rinnovata attenzione alla creatività.
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D’altro canto, i dati non vanno letti a senso unico. Proprio per questo, una società come Accenture, che conta 17mila dipendenti solo in Italia, oggi prevede una modalità di lavoro full smart che, però, non ha fermato investimenti importanti nei nuovi uffici di Milano e di Roma, concepiti come “socialifici” per attività specifiche di Team Building, Design Thinking e così via. Un percorso che punta dritto verso un’esperienza ibrida tra presenza e delocalizzazione. Nel quale la fisicità si trasla nella sfera della creatività, lasciando così le mansioni di lavoro “standard” a discrezione degli individui.
Questa strada è la soluzione definitiva o avremo altre sorprese nel corso del 2022? Per saperlo non resta che ascoltare il podcast.
Paolo Emilio Colombo