Il progetto Golinelli Live Virtual Experience offre agli studenti un’esperienza di laboratorio immersiva e inclusiva. Ne parliamo con la vice direttrice della Fondazione Golinelli e con il Program Manager della sezione “Innovazione didattica e tecnologica”
Torna lo Speciale Radio Activa Plus con cui approfondiamo i temi tecnologici di maggior dibattito e, insieme a ospiti d’eccezione, raccontiamo il presente cercando di trovare una nuova chiave di lettura per il futuro.
In questo episodio, con Eugenia Ferrara, vice direttrice della Fondazione Golinelli, e Alessandro Saracino, Program Manager della sezione “Innovazione didattica e tecnologica” della Fondazione, entriamo nel vivo del progetto “Golinelli Live Virtual Experience”, piattaforma educativa in realtà virtuale che offre un’esperienza di laboratorio immersiva e inclusiva (ve l’avevamo presentata qui).
Innanzitutto, come nasce l’idea di questo Virtual Lab e a chi si rivolge? A rispondere è la vice direttrice.
“Da oltre 20 anni sperimentiamo nuove soluzioni formative e didattiche per le scuole di ogni ordine e grado, così come anche per il mondo dell’università e della Ricerca. Per la prima volta abbiamo approcciato in via sperimentale l’impiego di strumenti di realtà virtuale per la creazione di contenuti innovativi durante le nostre mostre di Arti e Scienze degli ultimi anni. In particolare nell’ambito della mostra U.MANO del 2019. In quel contesto abbiamo realizzato internamente delle piattaforme di gaming attraverso le quali tutti i fruitori, e in particolare i giovani, potevano approcciare i contenuti della mostra in maniera innovativa, accattivante e coinvolgente. Da allora abbiamo iniziato a capire le potenzialità di questo strumento, che crea l’opportunità di aprire a nuovi contenuti e nuovi modi per fruire di questi contenuti, e con un approccio più inclusivo perché permette di superare diversi limiti, anche fisici, che, inevitabilmente, un laboratorio di Scienze comporta.”
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Quindi, il Virtual Lab integra e, in alcuni casi, permette di superare le possibilità offerte da un laboratorio fisico. Non tutti gli studenti, infatti, possono condurre esperienze di laboratorio di un certo livello per questioni logistiche, di complessità dell’attività, di sicurezza. In alcuni casi anche il costo delle strumentazioni può risultare proibitivo per le scuole. “Parliamo di laboratori di Scienze, Biotecnologie, Chimica; – continua Ferrara – la realtà virtuale sicuramente amplia l’esperienza e, allo stesso tempo, è utile come training per preparare i giovani studenti alle esperienze in presenza. Le due cose, laboratorio fisico e Virtual Lab, si completano a vicenda, arricchendo, e dando continuità, all’esperienza didattica”.
Ma cosa fanno gli studenti coinvolti nel Virtual Lab? Ad oggi le esperienze virtuali in cui i ragazzi possono cimentarsi sono diverse. Qui trovate l’elenco aggiornato di quelle già disponibili.
Alessandro Saracino, Program Manager della sezione “Innovazione didattica e tecnologica” della Fondazione Golinelli, ci aiuta poi a comprendere nel dettaglio il funzionamento della tecnologia nei diversi contesti in cui, ad oggi, viene applicata.
“La realtà virtuale non è una tecnologia sostitutiva, al limite aiuta gli studenti, come già da anni avviene in ambito di training industriale, in cui la VR supporta il trainee che, prima o poi, deve entrare in contatto con alcuni strumenti e procedure ad avere un primo ‘feeling’ operativo su come le strumentazioni si maneggiano e sugli eventuali input di sicurezza, sull’uso di un certo tipo di cautela nel maneggiare attrezzature e materiali. Mi viene da dire che il laboratorio virtuale è un inizio e il laboratorio fisico è il punto di destinazione. Qualsiasi applicativo in realtà virtuale, per quanto si spinga sempre verso l’emulazione del reale, rimane un simulatore. […] Il concetto resta comunque quello di una realtà monca. Un’esperienza vissuta fisicamente è un’esperienza multisensoriale. Già questo preclude alcuni tipi di ‘accessi’ in realtà virtuale: l’olfatto, un determinato tipo di acustica o un determinato tipo di sensazione tattile… questa dimensione sensoriale viene esclusa. Solitamente nei simulatori, come nei videogiochi, si tende a estremizzare alcuni concetti, anche di interazione tra il soggetto e la materia digitale, in modo da creare delle sintesi. Non ho bisogno di simulare tutto il funzionamento di un macchinario, ma mi serve che la persona abbia una cognizione, una percezione cognitiva dell’oggetto, in maniera tale che sia riconoscibile. Se, per la prima volta, un ragazzo vede uno strumento di laboratorio, quale può essere una centrifuga, un termociclatore, un termostato, un’elettroforesi capillare, ovvero oggetti classici dei laboratori di Biologia molecolare, grazie alla realtà virtuale ha un primo impatto cognitivo e anche emotivo. La realtà virtuale ha il grosso merito di restituire un ‘senso di presenza’. Lo dimostra la sorprendente incapacità delle persone di affrontare le simulazioni in realtà virtuale dove vengono stressati dei loro punti di debolezza, per esempio fobie come quella dell’altezza o dei ragni.”
Ma cosa deve fare una scuola per poter partecipare al progetto Golinelli LiVE? Trovate tutte le informazioni qui.
In alternativa, per saperne di più e per scoprire i possibili sviluppi futuri del progetto non vi resta che ascoltare il nostro Speciale.
S. C.
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