“Bomba a orologeria” è l’ultimo saggio del giornalista ed ex politico Daniele Capezzone
La caduta del governo Draghi e le elezioni dello scorso 25 settembre hanno segnato l’apertura di una pagina nuova. La stagione in cui stiamo entrando, però, è carica di incognite, globali e nazionali: una nuova guerra fredda dalla durata e dagli esiti incertissimi, l’ombra lunga della crisi energetica, l’impennata del costo della vita, una bassa crescita che, sommata a cicatrici e fragilità antiche, mette a rischio l’economia reale.
L’ultimo saggio di Daniele Capezzone, Bomba a orologeria, parte dall’assunto che, fallito un ciclo politico e fallita anche la surroga commissariale, si torna verosimilmente alla vera politica. Ma perché l’autunno del governo del primo Presidente del Consiglio donna, l’On. Giorgia Meloni, sarà rovente? Qual è l’ordigno – ammesso che sia solo uno – pronto a esplodere e quali strumenti abbiamo per disinnescarlo?
L’intervista del Presidente del Gruppo Activa, Lelio Borgherese, all’ex deputato oggi editorialista del quotidiano La Verità, entra in medias res.
“Quando si fa una previsione azzeccata, magari di qualcosa di non esattamente piacevole, si soffre almeno quattro volte: una prima volta quando pre-vedi, una seconda quando non ti credono, una terza quando la cosa effettivamente accade, una quarta quando quelli che non ti avevano creduto te la spiegano”, esordisce Capezzone. E aggiunge: “Questo libro è stato consegnato lo scorso agosto ed è uscito i primi di settembre, ma è stato scritto lungo nove mesi. A me sembrava chiaro da tempo che stavamo andando verso un autunno e un inverno difficilissimi. La fiammata inflazionistica è partita esattamente un anno fa, la guerra poi ha fatto il resto. Non era difficile prevedere che in particolare le imprese e poi le famiglie italiane si sarebbero trovate in una situazione complicatissima. Eppure, lo si è negato per lungo tempo.”
In “Bomba a orologeria” si riflette sulla distanza, che sembra aumentare di anno in anno, tra kratos e demos, da un lato chi ha in mano le leve decisionali per guidare il destino del Paese, dall’altro gli italiani con le loro aspettative e i loro bisogni. Sollecitato sul tema, Capezzone cita il giornalista britannico Charles Moore, biografo autorizzato di Margareth Thatcher, oggi autorevole editorialista, che ha coniato un’espressione sui burocrati di Bruxelles: “classe di persone educatissime, coltissime, che hanno trovato la formula segreta per restare al potere senza sottoporsi allo scrutinio popolare”. E aggiunge: “Ho l’impressione che questo tipo di mentalità si sia diffusa anche in Italia negli ultimi 10 anni. Il voto popolare, momento in cui il demos si esprime, viene percepito come una sorta di consultazione, come quando, al Festival di Sanremo, il popolo dice la sua, ma poi c’è la giuria di qualità che sovverte tutto. Invece, il 25 settembre, al di là delle opinioni politiche di ciascuno, è stato un momento di ritorno alla fisiologia. Voto, vince una parte, quella parte avrà una responsabilità, se governa bene magari la rivoto, se governa male è giusto che avanzi un’altra proposta. Dobbiamo tornare a questo primo collegamento tra kratos e demos, all’esercizio del potere connesso con la sua fonte popolare”.
Per l’ex deputato della Rosa nel Pugno, una parte del ceto politico e una fetta di giornalisti e commentatori politici italiani “vivono su Marte”. Non avendo contezza, ad esempio, delle difficoltà cui va incontro un lavoratore autonomo nel Belpaese: “Una P. Iva normale ha già una via crucis davanti da agosto a dicembre, poi gli arrivano due-tre bollette fuori controllo, poi 13 milioni di cartelle esattoriali del governo precedente, poi una letterina di compliance, poi un avviso bonario. Se sono robusto intacco i miei risparmi e mi arrabbio, se non lo sono mi trovo in grande difficoltà e vado dal commercialista a dire ‘aiutami a chiudere in modo ordinato’. Ecco una delle bombe da disinnescare. La mia sensazione è che una serie di imprese italiane da qui a febbraio dovranno prendere la decisione se provare ad andare avanti o no“.
Ma qual è l’origine di questo stratificarsi di problemi? Un’incapacità endemica di chi ci governa a porre mano a situazioni per quanto complesse di certo non di impossibile risoluzione? Capezzone esplicita ai nostri microfoni sia la diagnosi sia le possibili terapie per curare tre “malattie economiche” da cui l’Italia è afflitta: tasse, spesa e debito alti.
“Il problema va spacchettato. Da un lato le malattie che nessuna formula politica – centrodestra, centrosinistra, governi tecnici – è riuscita a debellare. Dall’altro lato, si è scelto un modello istituzionale non decidente. Dopo la seconda guerra mondiale, c’era la paura di un governo troppo forte e si scelse un meccanismo più orientato all’equilibrio, al parlamentarismo, che alla decisione. Mi auguro che si faccia in Italia ciò che si fece in Francia negli anni ’50, quando Charles De Gaulle chiese e ottenne che fosse preparata una nuova Costituzione presidenzialista. Il presidenzialismo francese avrà i suoi difetti, ma consente, se si vince, di decidere. A mio avviso, dobbiamo avviarci verso una direzione simile. Non possiamo continuare ad avere governi fragili che durano poco. Se un primo ministro è già nell’ordine di idee che non durerà più di 12 mesi, è evidente che non avrà la forza di affrontare le malattie che dicevamo. Se, invece, ha la prospettiva di quattro-cinque anni di governo, forse, nelle prime manovre, una decisione coraggiosa la prende.”
Dicevamo che “Bomba a orologeria” non è solo analisi di ciò che ci ha portati fino a qui e snocciolamento di problemi, ma introduce una “pars construens”. Dunque, come ridare al Paese obiettivi realizzabili in ambito economico e in tema di politica estera?
“Un auspicio rispetto alla nuova maggioranza è che non mettano troppa carne al fuoco. Se si interviene su troppi temi costituzionali si facilita la coalizione dei contrari”, osserva il nostro ospite. E prosegue: “Suggerirei di non farsi defocalizzare. Il problema vero è che un sacco di italiani non avranno i soldi per rispettare il pagamento di bollette e scadenze fiscali. Giorgia Meloni dovrebbe farsi fare una stima preliminare, a campione, di quante imprese e P. Iva italiane rischiano, in totale buona fede, di non riuscire a rispettare la via crucis di cui sopra. Questo foglio dovrebbe guardarlo tutte le mattine, tenerlo lì sulla scrivania.”
Nell’attesa che il Parlamento sia operativo, il Consiglio dei Ministri ha già approvato il decreto unico sulle misure per il Covid, i rave party e il carcere ostativo. Tra le misure decise nel decreto c’è anche il rinvio al 30 dicembre dell’attuazione della riforma Cartabia, ma l’Unione delle Camere penali, in un documento, ha definito il decreto legge incostituzionale. Dal punto di vista del nostro ospite, invece, le prime mosse di questo governo lasciano ben sperare?
“Non guarderei il dito ma una direzione. I sondaggi dicono che Meloni ha avuto un successo elettorale notevolissimo e che, nel mese successivo, il gradimento è ancora cresciuto. Non solo chi l’ha votata è contento, un’altra parte di italiani si è messa nella disposizione d’animo di un’apertura di credito: sono venuto al cinema, vediamo com’è questo film. […] Ipotizzando una lista di interventi di politica economica, in ordine di priorità, inizierei da una misura per mitigare le bollette. Poi, un intervento sulle tasse, un primo segno. Terzo: l’ombrello di protezione va allargato. La pioggia di cartelle esattoriali in arrivo va fermata, sanzioni e more vanno eliminate. La riscossione dovrebbe cominciare da febbraio-marzo per tranquillizzare, nel frattempo, imprese e autonomi che rischiano di impazzire. Poi, si può ipotizzare uno schema in cui il primo anno c’è un intervento fiscale, il secondo un altro, il terzo un altro ancora, coprendo tutti, dipendenti e autonomi, dando al maggior numero di italiani possibile la speranza realistica che la loro posizione fiscale risulterà alleggerita nel corso della legislatura.”
Nel suo saggio Capezzone prova ad analizzare i fenomeni con una gittata più lunga, riconducendo i problemi dell’Italia a una più generale crisi del mondo occidentale, che avrebbe – addirittura – perso consapevolezza di se stesso. Si tratta, innanzitutto, di un problema di leadership: “Sono pochi i leader europei di cui si possa dire ‘mi sento in mano sicura’”. In secondo luogo, davanti all’avanzare del “più impressionante modello autoritario mai concepito nella Storia”, pur nella consapevolezza che l’Occidente non è il migliore dei mondi possibili, dovremmo occuparci di “far diventare migliore la nostra metà di campo, renderla più adatta a rimanere leader del mondo libero”. Secondo Capezzone, infatti, “guardando ai millenni della Storia dell’uomo, dovrebbe animarci un po’ di orgoglio per quel battito di ciglia che è l’esperimento occidentale moderno di liberaldemocrazia ed economia di mercato, nonostante i suoi mille difetti”.
Per evitare, però, che dalla cura del proprio giardino si passi a quella del proprio orticello, per il nostro ospite, non è tanto questione di muoversi nella dimensione europea, di cui comunque non nega la necessità (Capezzone è un antico eurocritico; suo il libro Euroghost – Un fantasma si aggira per l’Europa: l’Europa).
Piuttosto, Capezzone suggerisce di guardare alla dimensione atlantica: “le scelte strategiche ed economiche vanno impostate in quella dimensione; in quella cornice si realizza meglio anche il nostro interesse nazionale. Come? Per esempio, se non sei un membro credibile della Nato, come puoi sperare di giocare un ruolo in Libia? Per stare con forza nel convoglio dell’UE, bisogna avere un rapporto fortissimo con Washington. Diverremmo un player straordinario”.
In chiusura, non sono mancati un incoraggiamento e un invito rivolti ai giovani italiani, anche alla luce del concetto di “merito”, tornato di recente nel dibattito pubblico dopo la rinnovata denominazione del Ministero dell’Istruzione. “A mio avviso, il nuovo governo dovrebbe indicare una direzione di marcia nuova, incamminare i nostri ragazzi verso esperienze di lavoro già nel periodo scolastico, garantire incentivi fiscali al giovane che entra nel mondo del lavoro e e all’imprenditore che lo assume. Far tornare quella ragionevole speranza che, se sei bravo e ti impegni, avrai una vita più che dignitosa per te e per i tuoi figli. Speranza che, tra gli anni ’50 e gli anni ’70, era ancora viva. Oggi, invece, troppi giovani, anche se si spaccano la schiena, non riescono, non possono ottenere quel risultato. È compito della politica ridare loro quella speranza”.
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Sabrina Colandrea