I nostri speaker, Sergio Aracu e Marco Trombadore, con l’ausilio degli esperti Stefano Gazzella e Marco Scialdone, chiariscono perché la nuova policy delle piattaforme non aumenta la disinformazione. Anzi…
Il Fact-Checking è il meccanismo di controllo dei contenuti che sono diffusi attraverso una piattaforma e può essere attuato in forme diverse.
La modalità di cui si è discusso ampiamente nelle ultime settimane è quella che Meta ha stabilito, affidandosi a personalità ed enti indipendenti certificati che individuano, controllano e valutano la disinformazione virale su Facebook, Instagram e WhatsApp.
Il sistema di Fact-Checking, ufficialmente, dunque, ha la funzione di controllare e prendere provvedimenti in relazione ai contenuti che favoriscono la disinformazione. E per farlo, le aziende di Mark Zuckerberg, in diversi Paesi, tra cui l’Italia, hanno lavorato con organizzazioni specializzate di Fact-Checking, certificate dalla rete indipendente International Fact-Checking Network (IFCN) e dall’European Fact-Checking Standards Network (EFCSN).
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Questo accadeva fino a qualche giorno fa, perché lo stesso Zuckerberg ha annunciato che gli enti indipendenti che si occupavano di verificare i contenuti sui Social Network saranno rimpiazzate dalle Community Notes, un modello simile a quello adottato da Elon Musk sulla sua piattaforma X, ma anche da Wikipedia.
L’annuncio ha scatenato una selva di reazioni e colto di sorpresa molti operatori della comunicazione, dato che Meta collabora con decine di redazioni giornalistiche in tutto il mondo, 10 delle quali hanno sede negli Stati Uniti, l’unico Paese in cui saranno applicate le nuove regole della piattaforma, almeno inizialmente. Molti, tra cui il Presidente uscente degli USA, Joe Biden, hanno criticato la decisione, considerandola un attacco alla libera informazione e un allineamento alle politiche autoritarie del neo-Presidente Donald Trump.
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Ma è davvero così? Per capirne di più, i nostri speaker, Sergio Aracu e Marco Trombadore, all’interno del podcast A little privacy, please! hanno intervistato gli esperti Stefano Gazzella e Marco Scialdone, vecchie conoscenze di Radio Activa Plus.
“Il Fact-Checker non bollinato da Meta continuerà a svolgere tranquillamente la propria attività. Non avrà il bollino, non avrà l’accesso a quel programma di moderazione e di contrasto alle Fake News negli Stati Uniti, ma potrà continuare a farlo con la prospettiva della community. Il modello cui si tenderà è quello adottato da Wikipedia, con una serie di moderatori interni. Non si aprono certo scenari disastrosi“, ha chiarito subito Stefano Gazzella.
Secondo il giurista Scialdone, “c’è indubbiamente una mossa di carattere politico che riguarda l’approccio statunitense alla regolazione online, ma, dal punto di vista strettamente giuridico, che questa possa costituire un attacco al Digital Service Act mi sembra francamente eccessivo”.
Più in generale, su quanto la diffusione delle notizie false impattino anche sulla Data Protection, ci ha pensato Sergio Aracu a metterci in guardia, concludendo la puntata con questa massima: “creare una bolla, di tipo paternalistico, è sempre pericoloso”.
Per approfondire il tema, non vi resta che ascoltare l’episodio!
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