Intervista ad Alessandro Jachetti, medico in forze nel Pronto Soccorso del Policlinico di Milano
Alessandro Jachetti è un giovane medico in forze nell’unità operativa di Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso del Policlinico di Milano.
Nell’intervista ai microfoni di Radio Activa, condotta da Sabrina Colandrea, Jachetti spiega che cosa a suo avviso non ha funzionato nel sistema sanitario lombardo, muovendo dall’esperienza vissuta in prima linea – e in prima persona – ma anche dalle parole di Roberto Saviano che, in un articolo apparso su “Le Monde”, ha recentemente preconizzato il fallimento del modello lombardo.
La conversazione si apre con una notizia pubblicata dall’Ansa che riporta il dato più basso di nuovi contagi in Lombardia dopo quasi 50 giorni. È l’occasione per chiedere a Jachetti cosa ha significato affrontare i giorni più bui dell’emergenza Coronavirus e come si è evoluta la situazione nel tempo.
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Tra gli altri argomenti affrontati, l’imminente inizio della fase 2 che sembra aver convinto anche il Presidente della Regione Lombardia. Dopo un’iniziale reazione di rifiuto, infatti, Attilio Fontana sembra essersi deciso a procedere con le riaperture. Per Jachetti “i dati sono in calo, è vero, ma forse lo si deve proprio alle misure di contenimento che abbiamo sperimentato. Una riapertura va programmata ma in associazione con un reale studio dello stato immunologico della popolazione”.
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In chiusura, si è discusso di quali potrebbero essere le soluzioni da adottare per evitare che la fase 2 porti a un nuovo picco dei contagi. “La grossa massa di asintomatici e di paucisintomatici che circola rappresenterà la vera bomba a orologeria nel prossimo futuro”, osserva Jachetti. E aggiunge: “Credo che la strategia da adottare, non solo in merito alla pandemia, debba puntare sullo spostamento delle risorse sul territorio, mantenendo gli ospedali come luoghi di cura oltre una certa soglia. Nell’immediato si dovrebbero creare unità che avvicinino la sanità ai cittadini ancora bloccati in casa. Le attuali risorse non permettono assolutamente di fare tamponi o test sierologici su una popolazione di 10 milioni di abitanti”.
Redazione