Qual è il ruolo dello Stato nella crescita delle nuove imprese Made in Italy e nello sviluppo dei settori strategici e tecnologici? Per l’On. Milani, promotore dell’incontro, “è necessario creare un ecosistema dell’Industria dell’Innovazione”
Giovedì 20 luglio 2023, presso la Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, in via del Seminario 76 a Roma, su iniziativa dell’On. Massimo Milani, si è tenuto l’incontro “Talento, Innovazione, Investimenti. L’Economia dell’Innovazione e il ruolo dello Stato nella crescita delle nuove imprese Made in Italy e nello sviluppo dei settori strategici e tecnologici”.
A moderare gli interventi Gianmarco Carnovale, Presidente di AIFTI – Associazione Imprenditori e Fondatori Tecnologici Italiani, che, nel ringraziare l’On. Milani per aver voluto il primo momento d’incontro tra Fratelli d’Italia e la comunità italiana dell’Innovazione, ha raccontato ai presenti un aneddoto sulla location del convegno: “Googlando, ho visto che ci troviamo nel luogo in cui 390 anni fa Galileo Galilei abiurò il metodo scientifico davanti alla Santa Inquisizione, lo stesso metodo che è alla base dell’Innovazione, come sappiamo noi innovatori, che lo applichiamo con la verifica e l’apprendimento delle idee innovative. In quell’occasione Galilei disse, a mezza bocca, ‘eppur si muove’, rimangiandosi l’abiura”.
Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha poi aperto i lavori con un videomessaggio sul tema “L’alleanza tra imprenditoria, Innovazione e Stato per lo sviluppo della competitività nazionale nei settori strategici del futuro”.
“L’Economia italiana sta crescendo oltre le aspettative. Il nostro PIL è atteso aumentare di almeno 1,3 %, malgrado la recessione che colpisce altri Paesi europei. Per esempio la Germania in recessione tecnica ci preoccupa molto, perché è indissolubilmente legata al nostro sistema industriale. L’Italia sta dimostrando una resistenza maggiore al resto dell’Eurozona. Il nostro Paese era privo da anni di una politica industriale. Le misure del governo e le ingenti risorse messe in campo sono state efficaci ad attenuare lo shock sulle famiglie […]. Le dinamiche positive ci devono confortare della bontà della strada intrapresa […]. Ulteriori cambiamenti saranno impressi dalla doppia transizione, digitale ed ecologica, che rappresenterà una vera e propria rivoluzione. Sappiamo che l’Italia può vincere questa sfida […]. Lo ‘Stato stratega’ non si oppone alle forze dell’Economia, si pone obiettivi concreti e usa strumenti mirati ed efficaci. È importante in un Paese fatto in gran parte di piccole e medie imprese, che hanno bisogno di avere ben chiaro quale sia la rotta da seguire. Lo stiamo facendo ogni giorno interloquendo con, tra gli altri, Pirelli, Ilva, TIM, ma anche in Parlamento con la delega alla revisione degli incentivi alle imprese.”
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A seguire, il primo panel, “Da startup a leader di mercato: lo sviluppo delle imprese tecnologiche del presente e futuro”, ha visto coinvolti: il Prof. Paolo Merialdo, Co-Founder di Dock3 – The Startup Lab (Università degli studi ‘Roma Tre’); Danila De Stefano, AD di Unobravo (vecchia conoscenza di Radio Activa Plus, potete ascoltare la nostra intervista qui); Pierluigi Paracchi, AD di Genenta Science; Alessandro Fracassi, AD di Mutuionline; e, in rappresentanza delle istituzioni, l’On. Federico Mollicone, Presidente della VII Commissione “Cultura, Scienza e Istruzione”.
Sul mondo universitario italiano, humus in cui idealmente devono fiorire i nostri talenti, è stato interpellato il Prof. Merialdo, Co-Founder e membro del comitato scientifico di Dock3, programma di training e incubazione per startup, partner della Casa delle Tecnologie Emergenti di Roma Capitale, riconosciuto dal Ministero dello Sviluppo economico come modello nazionale di educazione all’imprenditorialità innovativa. A Merialdo Carnovale ha chiesto cosa fa e cosa non fa il mondo universitario per dotare i suoi studenti della cassetta degli attrezzi dell’imprenditore.
“Perché i nostri studenti non creano startup così di frequente come all’estero? La mia intuizione a riguardo è che probabilmente c’è un problema culturale. In particolare nelle discipline tecniche, che hanno un grosso vantaggio competitivo nella creazione di nuove imprese, non passa il messaggio che uno dei possibili sbocchi lavorativi sia diventare un imprenditore che costruisce sulle proprie competenze. Da qui l’idea di provare a offrire questa prospettiva. Abbiamo creato un percorso estremamente snello, ma stimolante, che offre tutti gli elementi necessari per capire cos’è una startup, come ci si presenta agli investitori, e così via […]. Con sorpresa sono nate decine di startup, tante di queste oggi sono consolidate, hanno creato posti di lavoro; alcune sono state acquisite da aziende più grosse, ad esempio Apple. Partendo dal basso abbiamo faticosamente ottenuto grandi risultati.“
Prima rappresentante del mondo delle startup a prendere la parola, De Stefano ha commentato così la crescita sorprendente di Unobravo nell’arco di appena quattro anni: “L’intuizione è stata quella di voler rendere la psicoterapia più accessibile, con la tecnologia che abbatte i costi vivi per pazienti e terapeuti e anche tante barriere. I numeri che l’azienda può vantare oggi sono stati raggiunti – ha commentato ancora De Stefano – grazie alla scalabilità del digitale”.
L’anno scorso, infatti, Unobravo ha chiuso un round di 17 milioni di euro guidato da Insight Partners, società di Venture Capital e Private Equity americana, che sono serviti, tra le altre cose, a esportare il modello della startup all’estero, attraverso ‘la Unobravo spagnola’, Buencoco.
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“Abbiamo una leadership a prevalenza femminile e tanti degli psicologi che lavorano con noi sono millennial, che finalmente oggi possono accendere un mutuo, sposarsi o mettere su famiglia”, ha continuato De Stefano. E ha concluso: “Molto spesso il mondo delle startup è confuso con un mondo di smanettoni che prendono soldi e li bruciano, invece, in mezzo a tanti esperimenti, ci sono aziende che riescono a inserirsi in un mercato in crescita e a emergere. Nelle aziende tradizionali fare i nostri numeri è difficile. Lo sento dire troppo poco.”
Paracchi, AD di Genenta Science, che nel 2021 ha debuttato al Nasdaq (GNTA), ha ripercorso brevemente il percorso di crescita della scale up, da ex spin off dell’Ospedale San Raffaele a prima società italiana nella borsa hi-tech americana.
Fin dai primi anni su Genenta avevano scommesso i più prestigiosi family office italiani, dai Rovati, ex proprietari del gruppo farmaceutico Rottanpharm, ai Ferragamo, sicuramente perché convinti del ritorno dell’investimento, ma “anche perché hanno sentito il gusto di partecipare a una scommessa imprenditoriale”.
“Mi sono laureato al Politecnico di Milano nel 1994. La mia più grande ispirazione era diventare un grande imprenditore di un’azienda internazionale”, ha raccontato Fracassi, AD di Mutuionline. “Ho poi avuto la fortuna di studiare negli USA. Al MIT Sloan School of Managament mi hanno detto per la prima volta che potevo creare qualcosa di nuovo, fare l’imprenditore. Prima avevo dei bias. Per me l’imprenditore era o il membro di una grande famiglia, di cui non facevo parte, oppure il piccolo imprenditore, magari con un basso livello culturale. L’ecosistema statunitense mi ha aperto gli occhi sul fatto che partendo da un garage, in tre, si può sognare che un giorno si sarà in 300.”
Mutuionline oggi conta 3.500 persone, è quotata in borsa dal 2007 e, negli anni, ha costretto banche e assicurazioni a fornire servizi più efficienti. Fracassi ha aggiunto: “La tecnologia non si ferma. Bisogna capire che anche il modo in cui certi servizi di natura professionale vengono erogati deve evolvere, proprio come ha fatto, ad esempio Unobravo, inventando un nuovo modello di business, perché, se non sarà un’impresa italiana, sarà qualcun altro a cavalcare l’Innovazione”.
Nel suo intervento, l’On. Mollicone si è ricollegato alle parole di Fracassi:
“Il rilancio dell’Economia nazionale deve passare per l’Innovazione attraverso una strategia a lungo raggio, perché solo sostenendo sperimentazione e Innovazione potremo avere le grande aziende di domani e i nuovi modelli di business citati. Le startup sono il motore della crescita, bisogna sostenerle ma hanno bisogno di infrastrutture altrettanto solide. È necessario un intervento corale per evitare la cosiddetta ‘fuga dei cervelli’ e per garantire attrattività tecnologica, crescita sostenibile, uguaglianza di genere e, in generale, soddisfazione sociale […]. A questo proposito, è notizia di ieri che è stata approvata in prima lettura la proposta di legge per lo sviluppo delle startup, che si inserisce coerentemente tra le misure del governo che hanno permesso l’abbattimento del cuneo fiscale e il rilancio dell’Innovazione.”
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Il secondo panel, “La filiera dell’Innovazione a servizio della crescita: una visione sinergica”, ha visto susseguirsi gli interventi di Luigi Capello, AD di LVenture Group SpA; Ilaria Fava, coordinatrice di Angels of Rome; Davide Fioranelli, Managing Partner di Lumen Ventures ed Edoardo Dellarole, Head of Innovation PMO Road di ENI.
All’AD Capello il compito di raccontare il contributo all’ecosistema dell’Innovazione italiano di LVenture Group, holding di partecipazioni che investe in startup digitali ad alto potenziale di crescita che, con il suo acceleratore LUISS EnLabs, nato da un accordo con l’Università Luiss e sponsorizzato da Meta, Intesa Sanpaolo con Intesa Sanpaolo Innovation Center e Accenture, propone programmi di accelerazione per startup nelle fasi iniziali di sviluppo. “Selezioniamo startup per portarle sul mercato, quindi siamo i loro primi investitori”, ha esordito. E ha aggiunto: “Fin dal 2010 l’abbiamo fatto seguendo le regole del Venture Capital americano. È una cosa molto importante ed è il primo appello che faccio a tutti, di non inventarci le regole. Se le startup devono andare sui mercati internazionali devono seguire delle regole riconosciute a livello internazionale. Non facciamo le cose ‘all’italiana’, cerchiamo di copiare e di farlo bene”.
Sempre a proposito di primi investitori, è intervenuta poi Fava, coordinatrice del network di angel investors Angels of Rome. “Insieme ad acceleratori e incubatori, gli angel investor vengono subito dopo i ‘family & friends’“, ha spiegato. “Questi soggetti investono fondi propri in startup nella fase pre seed o seed e devono essere in grado di supportare i cambi di progettualità che possono esserci all’inizio, i cosiddetti pivot. Forniscono non solo equity, ma anche smart money e possono agire singolarmente o in syndication. Gli angel investors sono ex founder, imprenditori, professionisti, in generale persone che hanno un patrimonio da investire, almeno in parte, in attività ad alto rischio e competenze specifiche di settore da mettere al servizio delle imprese in cui investono, così come fanno con la rete che hanno costruito nel tempo, asset strategico per le startup”.
Fioranelli, già co-fondatore di Freetrade a Londra, è tornato in Italia per lanciare Lumen Ventures, prima Società di Investimento Semplice autorizzata dalla Banca d’Italia, che investe in PMI e startup ad alto potenziale tecnologico e di crescita con l’obiettivo di stimolare il Venture Capital in Italia: “Investiamo sulle startup, ma più che altro sulle persone. Infatti, diciamo sempre che siamo people driven”, ha esordito. E ha aggiunto: “L’Innovazione si fa nel medio-lungo termine, per questo dobbiamo dare continuità ai nostri governi. La Francia in questo senso è un esempio virtuoso […]. In giro per il mondo abbiamo un grandissimo asset, il talento italiano, che però non fa squadra. In maniera molto umile vogliamo riportare indietro l’intero asset dei nostri talenti sparsi per il mondo”.
Dellarole, Head of Innovation PMO Road di ENI, ha chiuso il panel sulla filiera dell’Innovazione riepilogando le nuove strade intraprese dalla corporate negli ultimi anni. Attiva sul fronte della formazione imprenditoriale, nonché su quello del Venture Capital con ENI Next, l’anno scorso ENI ha fondato il Venture Builder Eniverse, mentre la sua ultima creazione è ROAD – Rome Advanced District.
La corporate si è fatta promotrice di un dialogo durato un anno, riuscendo a coinvolgere in quest’ultimo progetto altre sei grandi aziende, ovvero Acea, Autostrade per l’Italia, Bridgestone, Cisco, Gruppo FS e NextChem (Maire). ROAD intende diventare il primo distretto dell’Innovazione tecnologica dedicato alle nuove filiere energetiche aperto a collaborazioni di ricerca industriale applicata, in sinergia con il mondo della Ricerca e dell’università.
Alla base del progetto l’evidenza che “la trasformazione digitale ed ecologica è ormai velocissima, tanto da impattare le vite di tutti, per cui abbiamo bisogno di vedere la realtà in maniera sinergica“. Dellarole ha concluso: “ROAD lavora su talenti ed ecosistema dell’Innovazione; due cantieri lavorano proprio sul mindset imprenditoriale e sulla preparazione delle professioni del futuro […]. L’idea è di trasformare il quartiere Ostiense, che conta 60mila persone, generando valore”.
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Gli speaker dell’ultimo panel, Alessandro Scortecci, Head of Strategy & Business Development di CDP Venture Capital, e Giorgio Ciron, DG di InnovUp, hanno analizzato l’ecosistema italiano delle startup e del Venture Capital odierno e in prospettiva.
Scortecci ha osservato che “le startup assumono giovani qualificati, ma anche operai, magazzinieri, ovvero c’è un impatto su tutta la filiera della forza lavoro del Paese”. E ha aggiunto: “Stimiamo che nel 2027 le startup italiane, che oggi sono 14mila, saranno addirittura 20mila“.
Ancora, per ognuna delle sfide che interessano da vicino il Venture Capital – ovvero la diversificazione dell’offerta dell’Innovazione, con nuove startup qualificate che originano da laboratori universitari o centri di Ricerca; quella dei capitali, con il fondamentale apporto dello Stato, che può facilitare e catalizzare l’attrazione dei fondi privati; e il coinvolgimento delle corporate e delle PMI, che hanno bisogno di fare outsourcing dell’Innovazione – Scortecci ha riepilogato i passi in avanti compiuti da CDP Venture Capital.
“Per quanto riguarda la prima sfida, abbiamo creato due infrastrutture chiave: la prima sul trasferimento tecnologico, con cinque poli che selezionano i migliori progetti di Ricerca – in ambiti come la transizione energetica, le Scienze della vita, l’aerospazio, l’agrifoodtech – e li finanziano perché diventino brevetti, spin off universitari, startup; l’altra è un’infrastruttura di accelerazione con 20 programmi distribuiti nel Paese, verticali su settori strategici. Abbiamo poi investito direttamente in un portafoglio che oggi conta circa 450 startup. Non solo: investiamo e aiutiamo la nascita e la crescita di altri fondi di Venture Capital. Ne abbiamo circa 27 in portafoglio. Per quanto riguarda i capitali, poi, oggi gestiamo circa 3,9 miliardi: tra il 50 e il 60% sono risorse pubbliche, un 15% risorse del PNRR, la restante parte sono denari di CDP o che abbiamo raccolto dal mercato, da casse di previdenza, fondi pensione e aziende che hanno creduto nei nostri fondi e progetti. Tutte queste risorse vengono messe a lavoro e servono ad attrarre altri capitali. Infine, sulla partecipazione delle corporate, ad oggi, attraverso le varie iniziative che abbiamo in piedi, abbiamo rapporti con circa 185 aziende che partecipano come sponsor, investitori o come collaboratori a vario titolo. È un primo passaggio, deve essere fatto molto di più.”
Ciron, DG di InnovUp, ha chiosato: “c’è bisogno che la politica e le istituzioni mettano la testa sul tema dell’Innovazione come priorità strategica; tutti gli interventi che mi hanno preceduto lo hanno chiarito benissimo, anche puntando sul tema dei posti di lavoro generati dalle startup”. E, ancora, sul mercato: “quest’anno sta arrancando un pochino, sembrava si fosse avviato un circolo virtuoso, invece purtroppo la dinamica di questo momento ci fa vedere una proiezione a fine anno meno rosea, con valori di investimento simili al biennio 2019-2020. Questo perché non ci sono stati mega-round, a differenza dell’anno scorso. Guardando il bicchiere mezzo pieno, però, il ticket medio degli investimenti seed si sta mantenendo sulle cifre dell’anno scorso, anche se ancora non all’altezza dei competitor internazionali. È importante che gli investimenti in Italia si concentrino sulle fasi pre seed e seed per avere realtà più solide e competitive in vista di round significativi, anche per la competizione internazionale“.
Verso un ecosistema dell’Industria dell’Innovazione
All’On. Milani, Segretario dell’VIII Commissione “Ambiente, Territorio, Lavori pubblici” e promotore del convegno, sono spettate le conclusioni: quale ruolo si delinea per lo Stato nel contesto dell’ecosistema dell’Innovazione italiano? Le istituzioni possono rivelarsi il vero motore dell’Innovazione? Nel suo intervento, Milani ha osservato che, pur essendo l’Italia ricchissima di talenti esportabili a livello internazionale, tuttavia
“per promuovere una cultura dell’imprenditorialità innovativa e finanziaria, bisogna coinvolgere scuole e università. Il gap culturale attuale, infatti, ostacola l’accesso al capitale di rischio, elemento fondamentale per far crescere il settore. È necessario creare un ecosistema dell’Industria dell’Innovazione, basato su una chiara tassonomia di settore, che dovrebbe comprendere centri di Ricerca, incubatori, acceleratori, business angel, fondi di Venture Capital e grandi aziende che prevedono politiche di Open Innovation. Ancora, le startup non dovrebbero essere viste solo come future PMI, ma come potenziali future grandi aziende globali. Per supportare queste ambiziose iniziative, però, va cambiato l’approccio rischi/benefici negli investimenti e serve maggiore supporto da parte dello Stato. Questo nuovo modello di Industria dell’Innovazione non sostituirà il tradizionale sistema delle PMI italiane, ma sarà un valore aggiunto, a vantaggio dell’intero ecosistema imprenditoriale.”
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