Alternative all’Animal Testing? Esistono e sono sempre più tech

Nel mondo sono milioni gli animali utilizzati come cavie da laboratorio. Ecco come Virtual Reality, intelligenza artificiale e biotech possono contribuire a salvare moltissime vite senza bloccare la ricerca

 

 

I dati diffusi da Humane Society International, una delle principali ONG a sostegno dei diritti animali, fanno rabbrividire: si stima che più di 115 milioni di animali in tutto il mondo vengano utilizzati ogni anno per esperimenti di laboratorio. Una cifra che tiene conto di una porzione limitata delle attività di ricerca e sperimentazione visto che solo una piccola percentuale di Paesi raccoglie (e soprattutto diffonde) statistiche sull’argomento.

Tra le cavie più comuni troviamo topi, pesci, conigli, porcellini d’India, criceti, animali da fattoria, uccelli, gatti, cani, maiali e primati. Animali sottoposti a ogni tipo di torture: dall’esposizione ad agenti chimici tossici all’inoculazione di malattie, passando per la manipolazione genetica e l’inflizione di ferite, ustioni e altre lesioni.

Come se non bastasse, secondo un’altra ONG, ovvero Peta (People for the Ethical Treatment of Animals), molti di questi test sono intrinsecamente inutili, se è vero che il 95% di tutti i nuovi farmaci testati sugli animali fallisce negli studi clinici sull’uomo perché non funziona o è troppo pericoloso. Allo stesso modo, il 90% della ricerca di base – la maggior parte della quale include sperimentazioni sugli animali – non porta ad alcun trattamento o cura per l’uomo.

 

 

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Insomma, un quadro che definire ai limiti del disumano è riduttivo. Ecco perché la stessa Peta sta facendo pressione su istituzioni e opinione pubblica affinché soluzioni Hi-Tech, che includono intelligenza artificiale e realtà virtuale, vadano a rimpiazzare la sperimentazione su esseri viventi.

Secondo l’organizzazione, infatti, gran parte delle procedure previste nel testing di sostanze chimiche, pesticidi e prodotti farmaceutici è antiquata, costosa e inutilmente crudele e potrebbe essere sostituita da modelli algoritmici.

Ad esempio, un anno fa l’azienda Smarter Sorting ha conquistato il “Fast Company’s 2022 World Changing Ideas Award grazie a una soluzione AI capace non solo di salvare migliaia di vite animali ma anche di far risparmiare milioni di dollari. In questo caso, invece di sversare ripetutamente delle sostanze, con diversi gradi di concentrazione, in un acquario per poi valutarne l’impatto sugli ecosistemi, alcune aziende farmaceutiche e cosmetiche si sono rivolte all’intelligenza artificiale. Basandosi su precedenti test e sull’analisi di Big data, Smarter Sorting ha creato un modello di Machine Learning in grado di calcolare con accuratezza il massimo grado tollerabile di concentrazione di alcune tossine nell’acqua.

 

 

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Anche la Virtual Reality può venire in aiuto della ricerca scientifica etica. I software VR possono, infatti, imitare accuratamente l’anatomia umana, rendendo obsoleta la fase di testing di macchinari e operazioni chirurgiche su animali come scimmie o maiali. È quello che sta avvenendo, per esempio, presso il reparto di Ostetricia e Ginecologia del Rush University Medical Center di Chicago.

E non è finita qui: gli avanzamenti nel campo delle biotech – come l’impiego di cellule staminali e coltivate in vitro, la creazione di modelli 3D sempre più realistici (es. TraumaMan), nonché la diagnostica per immagini non invasiva – potrebbero minare alle basi l’intero sistema dell’Animal Testing.

La domanda fondamentale diventa quindi una sola: c’è davvero la volontà di cambiare?

 

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